- Le basi materiali del dominio finanziario sono nei nuovi
modelli produttivi, nell'«innovazione» permanente della logistica, della
circolazione delle merci e del mercato del lavoro
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Karl Marx ✆ Mark Anderson
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Christian
Marazzi | C'è sempre un po' d'azzardo editoriale nella
pubblicazione di testi apparsi ormai nel corso di alcuni decenni, a maggior
ragione quando si passa dal Marx che studia, come corrispondente del New York
Daily Tribune, la prima crisi monetaria e finanziaria «moderna» (1856-1857),
alla storia del rapporto tra petrolio e mercato mondiale, alla funzione della
logistica e dei porti come «integratori di sistema» e come riedizione della
logica della crisi dei subprime, esempio dell'intreccio tra processi produttivi
e di circolazione delle merci e finanziarizzazione, con saggi pubblicati tra il
2012 e il 2013. Per chi questi scritti li ha letti man mano che uscivano, si
tratta di una bella occasione per rivivere alcuni passaggi fondamentali della
storia del pensiero critico di un «operaista indipendente» quale è sempre stato
Sergio Bologna, ma per un giovane di vent'anni che, immerso anima e corpo nella
crisi odierna che ha una gran voglia di agire e di costruire collettivamente
nuovi strumenti di analisi e interpretazione del capitalismo finanziario
(fatiscente? ipermaturo?), la fruizione de Banche e crisi. Dal petrolio al
container(DeriveApprodi, pp. 200, euro 17), non è immediatamente evidente.
Oltretutto in un periodo in cui la letteratura sulla crisi finanziaria è ormai
sterminata e la lettura quotidiana del Sole 24 Ore o del Financial Times per
capire dove va lo spread, i rendimenti sui titoli del debito sovrano, il tasso
di cambio tra Euro e dollaro, le decisioni della Federal Reserve
sui tassi
d'interesse direttori e altre cosucce del genere, lascia poco tempo allo studio
delle contraddizioni strutturali del sistema economico capitalistico.
Un giornalista chiamato Marx
«Per leggere Marx occorre avere una forte tensione politica
presente», scrive Bologna; Marx «ti prende semplicemente per il braccio e ti
dice...guarda da questo angolo visuale». Sotto questo profilo, per così dire
metodologico, la Postfazione di Gian Enzo Duci, Crisi e intelligenza della
merce, è davvero molto utile, oltre che luicida e riassuntiva di alcuni
dei contributi più significativi dell'opera di Bologna che, anche lui, ti
prende per il braccio e «cerca di far vedere, non per forza credere, qualcosa
di più» su quanto sta accadendo nel mondo «marxiano» della merce. Ad esempio,
la inarrestabile crescita dell'offerta navale e il parallelo sviluppo delle
infrastrutture portuali, il crescente intervento della finanza nel mondo dello
shipping, il rapporto tra produzione di mezzi di traporto e domanda, guardando
però anche alle merci trasportate all'interno del mercato mondiale, la crisi da
sovraproduzione sempre in agguato, così simile a quella dei subprime o di
qualsiasi altra merce che i mercati finanziari da una trentina d'anni a questa
parte selezionano e trasformano da valore d'uso in asset finanziario, eleggendo
di volta in volta queste merci regine a «convenzioni collettive», come Keynes
scriveva nella sua Teoria generale del 1936, e che oggi chiamiamo
bolle finanziarie, processi alimentati dal credito bancario, modalità razionali
attraverso cui il capitale realizza profitti a breve termine, per poi esplodere
puntualmente, lasciando dietro di sé macerie, svalutazione della ricchezza
sociale, povertà e disperazione umana.
Gli scritti di Bologna sullo shipping, il too big to
fail delle corporations del mare, le infrastrutture portuali, sono di tale
attualità che, nell'editoriale del febbraio del 2013, la più autorevole rivista
mondiale sul traffico marino «Containerisation International», invitava i suoi
lettori (non proprio gli stessi de il manifesto) a leggere uno dei suoi saggi
«se volevano chiarirsi le idee». E, per tornare a noi, Marx, oltretutto il Marx
giornalista che si occupa dell'attualità della crisi pensando al futuro Das
Kapital, come entra nel lavoro teorico e analitico di Sergio Bologna? Quel
saggio del 1973, riletto oggi, è straordinariamente attuale. Per tanti motivi:
apparse a due anni dalla decisione statunitense di rendere il dollaro
inconvertibile, vera e propria «rivoluzione dall'alto» che ha dato avvio
all'uscita non solo dal sistema monetario di Bretton Woods, ma anche, verso la
fine degli anni Settanta, dal modello fordista, traghettando il capitale
mondiale nell'epoca attuale, quella appunto del capitalismo finanziarizzato.
Diede avvio, quel saggio, a un programma di lavoro
all'interno della rivista Primo Maggio, e da allora molti di coloro che vi
parteciparono non hanno smesso di studiare la moneta e le crisi finanziarie. Un
bell'esempio, anch'esso particolarmente attuale, di metodo di lavoro legato al
presente ma con lo sguardo rivolto al futuro, ai gangli sociali e soggettivi
della rivoluzione capitalistica, alla crisi-trasformazione della composizione
sociale, insomma alla lotta di classe.
La forma del valore
La vera attualità nella lettura che Bologna fa di Marx nel
bel mezzo di un dibattito marxista tanto entusiasmante quanto, già allora,
decisamente in declino, è l'analisi del rapporto inscindibile, circolare, tra
merce e moneta. Non era e non è ancora evidente in ambito marxista, dato che
molto spesso si guarda a merce e moneta in modo schizofrenico, privilegiando
una volta la prima, un'altra la seconda. La moneta del Marx letto da Bologna è
forma del valore delle merci, espressione del lavoro all'interno dell'intero
circuito del capitale, dalla compra-vendita della forza-lavoro alla
realizzazione monetaria dei profitti, e che in questo periplo circolatorio
assume funzioni diverse. Forma del valore, non equivalente generale-universale
(che della forma-valore è una funzione tra le altre), come praticamente tutta
la tradizione marxista ha sempre teorizzato, anche quando il sistema monetario
internazionale aveva tagliato il cordone ombelicale tra denaro oro come «merce
Regina», passando a un regime monetario in cui la creazione di liquidità ex
nihilo la fa decisamente da padrone. È questa lettura del denaro in Marx che
permetterà di seguire le trasformazioni future tenendo ben fermo lo sguardo
sulla produzione e la riproduzione del capitale come rapporto sociale, e non
come mero rapporto tra quantità di lavoro astratto contenuto nelle merci.
L'emergenza dei nuovi soggetti «dentro e contro» la
transizione al postfordismo, il problema immanente di come comandare
monetariamente il lavoro vivo ormai disperso nella società, la vita dell'uomo
flessibile, non è possibile senza questo sguardo «disciplinare» unitario. Ne va
della comprensione di tutto quanto sta accadendo nella sfera non solo della
circolazione delle merci, ma, quel che a tutti noi interessa politicamente,
della riproduzione della merce forza-lavoro, della sua vita messa al lavoro.
Una riproduzione priva di equivalenti generali di riferimento, orfana
dell'«ultima istanza», se non quel nostro essere singolarità fluttuanti, corpi,
alla ricerca di un nuovo punto di vista collettivo, di nuove parole per lottare
assieme. Di nuove forme di vita.