Giovanni Sgro’
1. Premessa
Il cosiddetto
Capitolo sesto inedito rappresenta
‒ insieme ai
Grundrisse ‒ uno di quei manoscritti marxiani che nel corso
degli anni Settanta del secolo scorso hanno avuto grande diffusione e notevole
recezione in Francia, in Germania e anche in Italia, dove fu tradotto per la
prima volta nel 1969 da Bruno Maffi per i tipi de La Nuova
Italia
[1] e fu poi oggetto di una fortunata serie di lezioni di Claudio
Napoleoni (Torino, Bollati Boringhieri, 1972). Nel presente contributo cercherò di offrire una
sorta di “percorso di lettura” personale (§ 3) del denso testo del
Capitolo sesto, al fine di mettere in luce alcune
caratteristiche specifiche della sua trama teorica e alcuni suoi elementi di
grande attualità politica (§ 4). Prima di passare all’analisi specifica dei
contenuti del
Capitolo sesto, mi sembra opportuno
collocarlo brevemente nel progetto marxiano di
critica dell’economia
politica (§ 2).
2. Il ruolo e la posizione del Capitolo
sesto inedito nel progetto marxiano di critica dell’economia politica
I curatori del volume 4.1 della seconda sezione
della MEGA
2 hanno stabilito che il
Capitolo sesto è stato scritto da Marx tra
l’estate del 1863 e l’estate del 1864
[2]: esso si colloca dunque all’altezza del
terzo tentativo
marxiano di esporre la sua critica dell’economia politica.
Come è noto, il
primo tentativo
è rappresentato dai sette quaderni del 1857/58, noti con il nome redazionale
di
Grundrisse, che non costituiscono però, a ben vedere,
il primo abbozzo de
Il capitale, bensì il
primo tentativo di una esposizione
complessiva dell’ambizioso progetto marxiano di critica
dell’economia politica
[3]. Nei
Grundrisse si trova, infatti,
una delle prime formulazioni del cosiddetto “piano dei sei libri”: 1) il
capitale; 2) la proprietà fondiaria; 3) il salario; 4) lo Stato; 5) il
commercio internazionale; 6) il mercato mondiale e le crisi
[4].
Il secondo tentativo
compiuto da Marx per esporre il suo progetto di critica dell’economia politica
è rappresentato dai 23 quaderni del manoscritto del 1861-63, la cui parte
centrale è occupata dalle cosiddette Teorie sul plusvalore che,
a loro volta, non costituiscono il “quarto libro” de Il capitale, in quanto è solo a partire dal Capitolo sesto che Marx inizia a parlare di un
progetto in quattro libri (da
pubblicare in tre volumi) e, quindi, di un quarto
libro da dedicare alla storia delle teorie economiche, che viene separata
dall’esposizione teoretica vera e propria, secondo la falsariga di Per la critica dell’economia politica (1859), in
cui ai capitoli teorici seguiva un’ampia ricostruzione della storia delle
categorie economiche.
Il fatto che a partire dal 1863 incominci a
prendere forma nella mente di Marx il progetto de Il capitale in tre volumi (suddivisi
in quattro libri) non credo però che comporti,
sia detto en passant, che Marx abbia
abbandonato tout court la strutturazione
del suo progetto di critica dell’economia politica secondo il piano originario
dei sei libri. Data l’ampiezza e la complessità del progetto e considerate le
sue precarie condizioni economiche e di salute, egli è stato sì costretto a
rinunciare alla realizzazionepersonale di tale
imponente progetto di ricerca, ma non necessariamente al piano dei sei libri
che, a mio avviso, continua a mantenere inalterata la sua validità teorica.
Comunque sia, tra l’estate del 1863 e l’estate del
1864 Marx lavorò alla redazione de
Il capitale in
tre
volumi (suddivisi in quattro
libri). Inizia dal primo libro, del quale ci è rimasto
appunto solo il
Capitolo sesto, passa poi al terzo
libro (di cui conclude il manoscritto principale) e, infine, al secondo libro
(di cui scrive il primo manoscritto)
[5].
Sulla base dell’indice della prima edizione a
stampa (1867) del primo libro de Il capitale, si può
ipotizzare che la struttura del primo libro nel manoscritto del 1863-65
potrebbe forse essere stata la seguente:
1.
La trasformazione di denaro in capitale
2.
La produzione del plusvalore assoluto
3.
La produzione del plusvalore relativo
4.
Ulteriori ricerche sulla produzione del plusvalore
assoluto e relativo
5.
Il processo di accumulazione del capitale
6.
Risultati del processo di produzione inmediato
Il lavoro al manoscritto del primo libro si
prolungò fino alla fine del 1865. Secondo il nuovo progetto dei quattro libri in tre volumi, Marx
intendeva inizialmente pubblicare il primo ed il secondolibro insieme nel primo volume (processo di produzione immediato e sua
mediazione nel processo di circolazione); il secondo volume doveva contenere il terzo libro (dedicato alle configurazioni del processo
complessivo); il terzo volume avrebbe
dovuto contenere il quarto libro dedicato
alla storia della teoria (per la quale forse avrebbe
attinto dai quaderni centrali del manoscritto del 1861-63).
Per tutta una serie di motivi estrinseci (la
pubblicazione “anticipata” del solo primo
libro quale
primo
volume)
[6] e, soprattutto, di architettura
teorica (l’argomento
trattato nel
Capitolo sesto non costituisce
il passaggio al secondo libro, bensì l’oggetto del terzo libro)
[7], tra la fine del 1866 e l’inizio del 1867 Marx decide di non utilizzare
più il
Capitolo sesto, che avrebbe dovuto fungere da
“passaggio” dal primo al secondo
libro nel
primo
volume e, anzi, in occasione della seconda
edizione (1873) del primo libro elimina anche quelle poche righe riassuntive
[8] presenti sull’ultima pagina della prima edizione (1867), che
avrebbe potuto e dovuto servire da passaggio al secondo
libro.
Da questa breve ricostruzione
[9] emerge chiaramente la centrale importanza del
Capitolo sesto, sia perché ci offre una sorta di
“istantanea” dell’immane e diuturno lavoro di esposizione della critica
dell’economia politica, che impegnò Marx per più di venti anni, sia perché
rappresenta un “riassunto” del primo libro de
Il capitale redatto
dal suo stesso autore.
3. I risultati del processo di produzione
immediato
Secondo quanto si legge all’inizio del
Capitolo sesto[10], in esso sono trattati tre argomenti principali, o meglio, in esso sono
esposti in forma sintetica i risultati del processo di produzione immediato:
1) Merci come prodotto del capitale, della produzione capitalistica;
2) La produzione capitalistica è produzione di plusvalore;
3) Essa è, infine, produzione
e riproduzione dell’intero rapporto attraverso il quale questo
processo di produzione immediato si caratterizza come specificamente capitalistico (R, 895).
Su questi tre punti vorrei soffermarmi brevemente
per presentare delle “note a margine” al denso testo del Capitolo sesto. Incominciamo per comodità espositiva
con il primo punto.
3.1. Merci come prodotto del capitale
Un primo elemento che mi preme mettere in evidenza
è il «corso circolare» (R, 895) dell’esposizione marxiana, il fatto cioè che si
inizi con la merce, quale «forma elementare della ricchezza borghese» (R, 895; c.m.), e si termini con la merce,
quale «risultato immediato del processo di produzione capitalistico» (R, 896; c.m.). Nel corso
dell’esposizione, da un lato la merce «si manifesta come presupposto della costituzione del capitale» (R,
896; c.m.), dall’altro essa «si manifesta essenzialmente come il prodotto e il risultato del
processo di produzione capitalistico» (R, 896; c.m.).
A mio avviso, qui Marx segue e mette all’opera quel
metodo del salire dall’astratto al concreto che nella celebre
‒ ed egualmente
incompiuta e non più utilizzata
‒ Introduzione del
1857 egli designava come il «metodo scientificamente corretto»
[11]: si parte dalla singola merce autonoma
‒ semplice in quanto astratta (dal lat.
ab-traho), ovvero priva di ulteriori determinazioni
‒, e si giunge attraverso
un processo di concretizzazione (dal lat.
cum-crescere),
ovvero di arricchimento di ulteriori determinazioni, alla merce quale «prodotto
e risultato del processo di produzione capitalistico», che non si presenta più
come la «singola merce autonoma» (R, 901) da cui si era partiti (che in quanto
risultato di un processo di astrazione non esiste concretamente nella sua autonomia),
ma si manifesta ora fenomenicamente come una «
massa di merci» (R,
901), ovvero – per citare l’
incipit del
primo libro de
Il capitale – come una «immane
raccolta di merci».
Tale «corso circolare» dell’esposizione, per cui si
parte dalla «singola merce autonoma» e si giunge a una «
massa di merci»,
è pienamente legittimo e coerente con l’analisi della forma di valore contenuta
nel primo capitolo del primo libro de
Il capitale, perché,
a rigore, dire merce significa dire
necessariamente merci, in quanto essere merce (la «forma» di merce) non
è una proprietà “naturale” dei prodotti del Lavoro (con la maiuscola) o di un
particolare tipo di lavoro concreto, è bensì la «forma sociale» che investe e
riveste il «contenuto materiale», i prodotti non del lavoro
en genéral, ma di una forma storicamente e socialmente
determinata del lavoro, qual è appunto il lavoro che produce merci
[12].
Il «corso circolare» dell’esposizione mostra, a mio
avviso, come anche qui Marx segua la logica di derivazione o,
if you like, di ispirazione hegeliana del
presupposto/posto
[13] e come la sua esposizione continui a situarsi sul livello della
generalità/universalità del capitale, secondo il piano originario dei sei
libri.
Come ha ben dimostrato Fineschi, il capitale in
generale è il capitale
diveniente, il
capitale che sta ancora ponendo i propri presupposti, il capitale, cioè, che in
base alle condizioni logiche di esistenza che lo precedono, costituisce e pone
da sé i presupposti della propria esistenza. Una volta che il capitale ha posto
i suoi stessi presupposti, esso è diventato capitale
divenuto,
cioè
processo di produzione e di circolazione del
capitale
[14]. Infatti, alla fine del primo punto del
Capitolo
sesto, che nella edizione a stampa avrebbe dovuto fungere da
Übergang (passaggio) dal primo al secondo
libro, si legge:
Ma queste merci [quali
prodotti del processo di produzione immediato, e non più la singola merce
autonoma] sono adesso, al contempo,
portatrici [Träger] del capitale; sono il capitale stesso valorizzato, gravido di plusvalore.
E in questa relazione la loro circolazione [semplice delle merci], che adesso
è, al contempo, processo di
riproduzione del capitale, implica ulteriori determinazioni che
erano estranee all’astratta considerazione della
circolazione di merci. Dobbiamo dunque considerare adesso la circolazione delle
merci come il processo di circolazione del capitale (R,
924; c.m.).
Da questo, come da tanti altri passi, si evince
come nell’esposizione del «concetto universale del capitale», che è il
contenuto di
tutti e tre i libri de
Il capitale, vi sia all’opera un concetto di tempo di
tipo non cronologico, bensì
logico, un concetto
di tempo interno e “sistemico”, in cui il prima e il dopo sono scanditi
dalla
Ent-wicklung, dallo s-volgimento e dis-piegamento dei
concetti, o meglio, del concetto generale/universale di capitale che pone i
propri presupposti e si dispiega sussumendo sotto di sé, facendoli diventare
propri momenti o presupposti, tutti quegli elementi storici, economici ed
extraeconomici che
apparentemente sono
altro dal capitale
[15].
In conclusione: la prima parte del Capitolo sesto sulla merce come prodotto specifico
del processo di produzione capitalistico permette di comprendere come la
categoria di merce, con la quale inizia l’esposizione marxiana, sia una merce
già capitalistica, ossia già determinata
capitalisticamente, in quanto essa è il presupposto e,
al contempo, il prodotto del processo di
produzione capitalistico.
Un’attenta lettura della prima parte del
Capitolo sesto (nonché della prima sezione del
primo libro de
Il capitale) permette quindi di
mostrare l’inconsistenza della storicizzazione engelsiana della prima sezione
del primo libro de
Il capitale, nella
quale si tratta della
circolazione semplice delle
merci e non di una presunta “produzione mercantile semplice”
[16], che è una categoria coniata e introdotta da Engels nelle sue
Considerazioni supplementari alla edizione del
terzo libro de
Il capitale da lui curata
[17].
Nel Capitolo sesto la
merce che compare alla fine dell’esposizione «si manifesta come parte meramente
ideale del prodotto complessivo in cui si riproduce il capitale» (R, 902),
ovvero, in fin dei conti, si manifesta come la «forma trasformata del capitale
che ora si è valorizzato» (R, 902). Alla fine dell’esposizione la merce diviene
(e si manifesta come) ciò che essa propriamente è: prodotto del capitale, anzi,
«forma trasformata del capitale» stesso, parte aliquota del processo complessivo di produzione e circolazione
delle merci:
La merce
singola [presupposto del capitale] è, di fatto, un prodotto compiuto [posto dal
capitale], alle cui spalle giace il processo della sua genesi [il processo
della sua produzione, dal quale l’esposizione ha fatto all’inizio astrazione],
nel quale è di fatto tolto [aufgehoben]
il processo [lavorativo] attraverso il quale un particolare lavoro utile si è
incarnato, oggettualizzato in esso [nel prodotto-merce]. Nel processo di
produzione la merce diviene [ciò che essa propriamente è: Träger (portatrice) del
valore che valorizza se stesso, ovvero del capitale]. Come prodotto essa è
costantemente respinta dal processo [di produzione nel processo di circolazione
delle merci], così che il prodotto stesso [la merce] si manifesta solo come un
momento [astratto, se considerato autonomamente] del processo [complessivo di
produzione e circolazione delle merci] (R, 930).
3.2. La produzione capitalistica è
produzione di plusvalor
Veniamo ora brevemente al secondo punto
dell’esposizione marxiana nel Capitolo sesto. Da
quanto sostenuto fin qui si potrebbe forse dedurre che lo scopo della
produzione capitalistica sia semplicemente produrre una grande massa di merci.
E invece non è proprio così: l’«immane raccolta di merci» è, in realtà, solo
la forma fenomenica in cui si manifesta (erscheint) la ricchezza creata dal capitale.
Lo scopo specifico e determinante della produzione
capitalistica è di produrre e riprodurre se stessa, di produrre e riprodurre
continuamente il rapporto di capitale, qui determinato a un livello ancora
molto astratto dell’esposizione quale plusvalore, valore che crea maggior
valore:
La produzione di plusvalore, la
quale implica la conservazione del valore originariamente anticipato, si
manifesta quindi come lo scopo determinante, l’interesse propulsivo e il risultato finaledel processo di
produzione capitalistico, come ciò grazie al quale il valore originario è
trasformato in capitale [ovvero in un valore maggiore, in plusvalore, in valore
che valorizza ed accresce se stesso] (R, 926).
L’autovalorizzazione
del capitale – la creazione di plusvalore – è, quindi, lo scopo determinante,
dominante e unificante [übergreifende]
del capitalista, l’impulso e il contenuto assoluti del suo agire (R, 942).
La massa di merci (come risultato della produzione)
vale qui quale portatrice del valore di scambio (in seguito Marx preciserà che
si tratta del «valore») del capitale, ovvero del valore che valorizza se
stesso, indipendentemente dal corpo materiale delle merci (sia esso oro,
zucchero o letame).
3.3. La merce quale produzione e
riproduzione dell’intero rapporto di capitale
Ma c’è di più, e veniamo con ciò al terzo punto. Il
capitale non solo produce e riproduce continuamente se stesso, ma, secondo la
propria logica immanente, deve accrescersi, ovvero deve riprodursi su scala
sempre più ampia. Per prodursi e riprodursi, il capitale deve poi porre
continuamente anche i propri presupposti, la propria linfa vitale, ovvero il
lavoro vivo:
Il capitale non produce quindi solo capitale, esso
produce una crescente massa di lavoratori, la materia solo grazie alla quale
esso può funzionare come capitale aggiuntivo. […] La produzione capitalistica
non è solo riproduzione del rapporto, è la riproduzione di esso su scala sempre
crescente e nella stessa misura in cui, con il modo di produzione
capitalistico, si sviluppa la forza produttiva sociale del lavoro, cresce la ricchezza
accumulata torreggiante di fronte al lavoratore – come ricchezza che lodomina, come capitale –, si espande di fronte a lui il mondo
della ricchezza come un mondo che gli è estraneo e che lo domina e, nella
stessa proporzione, si sviluppa in opposizione la sua soggettiva povertà,
indigenza e dipendenza. Il suo svuotamento e
quella pienezza si corrispondono, vanno di pari passo. Al
contempo aumenta la massa di questi mezzi di produzione vivi del capitale,
il proletariato che lavora (R, 1015-1016).
Da questa ampia e pregnante citazione ‒ dal sapore
indubbiamente “giovanile”, in quanto richiama, quasi
letteralmente, l’analisi del lavoro estraniato dei Manoscritti economico-filosofici del 1844, anche se si
situa, ovviamente, in un altro “campo teorico” di riferimento ed è condotta con
altri strumenti euristici ‒, possiamo, a mio avviso, ricavare due notevoli
indicazioni teorico-politiche, che in questa sede mi limito solo ad accennare:
1) Il processo di accumulazione del capitale e di
produzione dell’esercito industriale di riserva non è posto ideologicamente
come un “mito delle origini” del modo di produzione capitalistico, ma
rappresenta la dura realtà quotidiana. Detto in altri termini: l’accumulazione
non è originaria, èquotidiana e permanente, perché quotidianamente
e permanentemente il capitale deve produrre e porre i presupposti della sua
esistenza, e ciò su scala sempre più allargata[18].
2) È nel rapporto di sfruttamento del lavoro
salariato da parte del capitale che si cela, a mio avviso, il nucleo “politico”
de Il capitale, il quale non è un’opera im-mediatamente politica, ma tratta, nel primo
libro, ad un livello necessariamente alto di astrazione[19], anche del rapporto “politico”, ovvero di sovraordinazione e
subordinazione, tra capitalista e lavoratore salariato, e della lotta
della classe dei lavoratori contro la classe dei capitalisti[20].
4. Specificità e attualità del Capitolo Sesto
Oltre a quanto sopra brevemente delineato, vi sono
poi alcuni elementi specifici che conferiscono alCapitolo sesto una
sorta di autonoma “dignità teorica”, di portata tale da poterlo considerare ed
utilizzare anche come un’utile integrazione all’analisi
svolta nel primo libro de Il capitale, e non
solo semplicemente come un manoscritto preparatorio.
Di seguito mi limiterò a passare brevemente in
rassegna solo
alcuni dei temi che nel
Capitolo sestosono trattati in modo più ampio e
approfondito rispetto al primo libro de
Il capitale. Si tratta
di elementi che mettono ben in luce la grande attualità dell’analisi contenuta
nel
Capitolo sesto[21] e che forniscono degli strumenti utili per criticare la
lettura
storicistica de
Il capitale, oggi in
gran parte ancora dominante
[22].
Una delle prime specificità del Capitolo sesto rispetto a Il capitale consiste nella più ampia
trattazione della distinzione tra sussunzione formalistica e sussunzione reale
del lavoro sotto il capitale (cfr. R, 970-991). Tali forme di sussunzione –
così come le corrispondenti sezioni su cooperazione, manifattura e grande
industria del primo libro de Il capitale – non
andrebbero lette, a mio avviso, storicisticamente, secondo il prima e il
dopo cronologico, quali due modi storicamente distinti di
organizzazione del lavoro, alle quali corrisponderebbero le forme di estrazione
del plusvalore assoluto e relativo, ma come forme sempre compresenti ancora oggi nelle diversi parti del
mondo. È, infatti, a seconda del milieu historique,
dello specifico contesto economico e giuridico locale in cui si trova ad
operare, che il capitale decide quale forma di sfruttamento è più “razionale”,
vale a dire quale forma di sfruttamento gli permette e gli assicura una
maggiore valorizzazione.
Molto più ampia e articolata rispetto a Il capitale è nel Capitolo
sesto anche la distinzione tra lavoro produttivo e lavoro
improduttivo (cfr. R, 991-1003). Marx sottolinea a più riprese, e con vari
esempi, che è produttivo ogni tipo di
lavoro che produce plusvalore, ovvero che accresce il capitale. Tali
considerazioni inducono a ritenere che il termine Arbeiter debba essere inteso non storicisticamente
come l’operaio di fabbrica, bensì più generalmente come qualsiasi lavoratore che
sia stato sussunto sotto il rapporto di capitale. Ciò perché, se l’operaio di
fabbrica è una figura storica e storicamente molto rilevante della “guerra
civile” tra lavoro salariato e capitale, concepire l’Arbeiter come ognilavoratore permette di uscire dalla prospettiva
della fabbrica per estendere le potenzialità dell’analisi marxiana anche alle
altre forme di lavoro, quali il lavoro cognitivo, affettivo, immateriale,
creativo, comunicativo ecc., che sono state oramai tutte sussunte realmente
sotto il rapporto di capitale.
Note
[1] Una seconda traduzione italiana, molto più attenta alla lettera
del testo marxiano, è quella di Mauro Di Lisa (Roma, Editori Riuniti, 1984),
con una bella introduzione di Nicola Badaloni. Entrambe queste traduzioni
italiane sono state condotte sulla prima edizione del
Capitolo sesto inedito, pubblicato nell’«Arkhiv Marska
i Engel’sa [Archivio Marx ed Engels]
», tomo II (VII),
1933, pp. 4-229, che conteneva il testo originale tedesco con traduzione russa
a fronte. Una terza traduzione, condotta sul testo stabilito dalla MEGA
2, è ora disponibile nel secondo tomo della nuova edizione
italiana del primo libro de
Il capitale, in cui
è contenuta
inter alia l’intera parte
superstite del
Manoscritto 1863-65,concernente il
primo libro. Si tratta di tre blocchi di testo: alcune pagine singole, il
capitolo sesto ed alcune note sparse. La traduzione è di Giovanni Sgro’ ed è
stata rivista insieme al curatore della nuova edizione (Roberto Fineschi),
tenendo conto non solo delle due precedenti traduzioni italiane, ma anche delle
traduzioni inglesi di R. Livingstone (apparsa in appendice all’edizione Penguin
del primo libro de
Il capitale, London,
1990) e di Fowkes (nel vol. 34 dei
Collected Works di
Marx ed Engels, New York, International Publishers, 1994), così come di quella
francese di R. Dangeville (Paris, Union générale d’Éditions, 1971).
[2] Come è noto, con l’acronimo MEGA
2 si indica la
seconda edizione storico-critica delle opere complete di Marx ed Engels in
lingua tedesca: K. Marx – F. Engels,
Gesamtausgabe, hrsg.
vom Institut für Marxismus-Leninismus, Berlin/Moskau, Dietz Verlag, 1975 ss.
(dal 1990: hrsg. von der Internationalen Marx-Engels-Stiftung, Berlin,
Akademie Verlag). Sulla storia della MEGA
2 e per una
presentazione del progetto complessivo si vedano i contributi in Alessandro
Mazzone (a cura di),
MEGA2: Marx ritrovato grazie alla nuova
edizione critica, Roma, Edizioni Mediaprint, 2002, nonché Roberto
Fineschi,
Marx dopo la nuova edizione storico-critica
(MEGA2), in «Marxismo oggi», 1999, n. 1-2, pp. 199-239; Id. /
Malcolm Sylvers,
Novità dalla MEGA. La grande edizione
storico-critica va avanti,
ivi, 2003, n. 1, pp.
87-129; R. Fineschi,
Novità dalla MEGA,
ivi, 2008, n. 1, pp. 49-62; Id.,
Un nuovo Marx. Filologia e interpretazione dopo la nuova edizione
storico-critica, Roma, Carocci, 2008, pp. 9-23 e 222-226. Al
riguardo mi permetto di rinviare anche a G. Sgro’,
La MEGA2 e dintorni, in
«Marxismo oggi», 2008, n. 1, pp. 63-81; Id.,
La MEGA-impresa. A proposito di
un recente contributo critico sulla Marx-Engels-Gesamtausgabe,
«Logos», nuova serie, n. 2-3 (2007-2008), pp. 355-363.
[3] Secondo Michael Heinrich, lo stesso titolo della seconda sezione
della MEGA
2 (
Il capitale e i lavori
preparatori) è fuorviante, in quanto presuppone che
Il capitale fosse l’opera che Marx aveva in mente
fin dal 1857 e che, di conseguenza, i manoscritti economici del 1857/58, del
1861-63 e del 1863-65 non fossero altro che “tappe” orientate teleologicamente
verso la realizzazione di quel fine.
Cfr. M. Heinrich, Entstehungs- und Auflösungsgeschichte des Marxschen „Kapital“,
in W. Bonefeld / M. Heinrich (Hrsg.), Kapital & Kritik. Nach der „neuen“
Marx-Lektüre, Hamburg, 2011, pp. 155-193.
[4] Sull’importanza metodologica del piano dei 6 libri, sulle sue
trasformazioni e sul destino della categoria di „capitale in generale“, non
posso in questa sede che rinviare ai seguenti fondamentali studi: Winfried
Schwarz,
Vom „Rohentwurf“ zum „Kapital“. Die Strukturgeschichte des Marxschen Hauptwerkes, Berlin (West), 1978;
Wolfgang Jahn / Roland Nietzold, Probleme der Entwicklung der
Marxschen politischen Ökonomie im Zeitraum von 1850 bis 1863, in
«Marx-Engels-Jahrbuch», 1. (1978), pp. 145-174; W. Jahn, Zur Entwicklung der Struktur des geplanten ökonomischen
Hauptwerkes von Karl Marx, in «Arbeitsblätter zur
Marx-Engels-Forschung», 1986, pp. 6-44; Id., Ist „Das Kapital“ ein Torso?
Über Sinn und Unsinn einer Rekonstruktion des ‚6-Bücherplanes’ von Karl Marx,
in «Dialektik», 1992, Heft 3, pp. 127-138; A.M. Kogan, Zur Frage der Methodologie des Planes der sechs Bücher von Karl
Marx, in «Arbeitsblätter zur Marx-Engels-Forschung»,
1986, pp. 56-80; R. Fineschi, Ripartire da Marx. Processo storico ed economia politica nella teoria del «capitale»,
Napoli, La città del sole, 2001, pp. 217-259 e 416-422; M. Heinrich, Die Wissenschaft vom Wert. Die Marxsche Kritik der
politischen Ökonomie zwischen wissenschaftlicher Revolution und klassischer
Tradition, 3. überarbeitete und erweiterte Auflage, Münster, 2003,
pp. 179-195.
[5] Tutti i manoscritti e le opere a stampa di Marx sulla critica
dell’economia politica sono ora disponibili nella seconda sezione della MEGA
2. Per un’analisi dettagliata rimando a R. Hecker,
La seconda sezione della MEGA2 verso il
completamento, in A. Mazzone (a cura di),
MEGA2: Marx ritrovato grazie alla nuova edizione critica,
cit., pp. 49-68; R. Fineschi,
Il Capitale
dopo la nuova edizione storico-critica. Pubblicazione e teoria,
in «Marxismo oggi», n. 2, 2003, pp. 156-168; Id.,
Le edizioni del I libro del Capitale, in «Quaderni
materialisti», 2. (2003), pp. 165-183; Id.,
Un nuovo Marx, cit.,
pp. 62-129; Id.,
Il secondo libro del Capitale
dopo la MEGA2. Saggio sui volumi MEGA2 II/11, II/12 e II/13, in «Marxismo oggi», XXIII (2010),
n. 3, pp. 32-47.
[6] Secondo Vollgraf, il primo libro de
Il capitale è stato
pubblicato da Marx
(nel 1867) dopo un notevole travaglio interiore, che lo ha spinto a pubblicarlo
come un “tutto autonomo” e a modificarne la struttura originaria,
sovraccaricandolo di materiale empirico, statistico, storico e in parte anche
di storia della teoria economica, materiale che originariamente non era affatto
previsto per il primo volume, bensì per quelli successivi.
Cfr. C.-E. Vollgraf, Marx’ erstmals veröffentlichte
Manuskripte zum 2. und 3. Buch des Kapital von 1867/68 im MEGA²-Band II/4.3. Zu neuralgischen Punkten in der
Ausarbeitung des Kapital [I manoscritti di Marx del 1867/8 per
il secondo e il terzo libro del Capitale, pubblicati
per la prima volta nel vol. II/4.3 della MEGA2. I punti nevralgici
della eleborazione delCapitale], in R. Hecker et alii (a cura di), Das Kapital und Vorarbeiten. Entwürfe und Exzerpte [IlCapitale e i lavori preparatori. Abbozzi ed
estratti], «Beiträge zur Marx-Engels-Forschung. Neue Folge», 2010, pp. 77-116
(p. 101).
[7] I problemi relativi alla realizzazione
effettuale o meno della massa di merci prodotta è,
infatti, argomento specifico della teoria della concorrenza, che può essere
adeguatamente esposta solo dopo il raggiungimento del rapporto tra capitale e
profitto, che si trova nel secondo capitolo del terzo libro (capitolo 10 della
seconda sezione, nella versione a stampa di Engels), in cui viene introdotta la
categoria di valore di mercato. Nel secondo libro la questione della
realizzazione
effettuale della massa di
merci prodotta dal singolo capitale, e quindi della merce singola come parte
aliquota della massa di merci, è ancora sospesa, in quanto ancora per tutto il
processo di circolazione e di rotazione del capitale si continua a fare
astrazione dagli attriti e dalle controtendenze
del movimento
reale. Si veda al riguardo più
dettagliatamente R. Fineschi,
Un nuovo Marx, cit.,
pp.
99-102.
[8] «Il risultato immediato della produzione capitalistica è
merce, anche se merce gravida di plusvalore. Siamo
dunque scaraventati indietro al nostro punto di partenza e con esso alla sfera
della circolazione. Ciò che tuttavia dobbiamo trattare nel libro successivo non
è più la
circolazione semplice delle merci, bensì
il processo di circolazione del capitale» (MEGA
2, sez. II, vol. 5, p. 619).
[9] Per una ricostruzione più approfondita degli sviluppi del progetto
marxiano di critica dell’economia politica dai
Grundrisse (1857/1858)
fino alla pubblicazione del primo libro de
Il capitale (1867),
si veda R. Fineschi,
Un nuovo Marx, cit.,
pp. 86-107.
[10] Nel corso del presente contributo si utilizzerà per l’edizione
italiana di riferimento la seguente sigla: R = Karl Marx,
Manoscritto economico 1863-1865. Il capitale. Libro primo. Il
processo di produzione del capitale. Capitolo sesto. Risultati del processo di
produzione immediato, trad. it. di Giovanni Sgro’ in Karl Marx –
Friedrich Engels,
Opere complete, vol. XXXI: Karl
Marx,
Il capitale. Libro primo. Il processo di produzione del capitale
(1863-1890), a cura di R. Fineschi, Napoli, La città del sole, 2012,
tomo II, pp. 875-1027. Nelle citazioni testuali si indicherà la sigla seguita
dal solo numero della pagina di riferimento (esempio: R, 933). I corsivi da me
aggiunti nelle citazioni marxiane saranno indicati con l’abbreviazione c.m. =
corsivo mio. I miei interventi (modifiche, omissioni, interpolazioni) nelle
citazioni saranno riportati tra parentesi quadre.
[11] Su questi temi spero mi sia concesso di poter rinviare a G.
Sgro’,
Die dialektisch-materialistische Methode der Marxschen Kritik der
politischen Ökonomie. Stichworte zu einer unendlichen Geschichte[Il
metodo dialettico-materialistico della marxiana critica dell’economia politica.
Appunti su una storia infinita], in Stefan Müller (a cura di),
Probleme der Dialektik heute, Wiesbaden, VS Verlag für
Sozialwissenschaften, 2009, pp. 201-227; G. Sgro’,
Vom Abstrakten zum konkreten „historischen Milieu“. Zur An- und Verwendbarkeit der Marxschen Analyse der kapitalistischen
Produktionsweise[Dall’astratto al concreto
„milieu historique“. Sulla applicabilità ed utilizzabilità dell’analisi marxiana
del modo di produzione capitalistico], in G. Grözinger (Hrsg.), Entfremdung – Ausbeutung – Revolte.Karl Marx neu verhandelt,
Marburg, 2012, pp. 167-182 (= Jahrbuch Ökonomie und Gesellschaft, Bd. 24).
[12] Per un’analisi più dettagliata rimando a R. Fineschi,
Ripartire da Marx, cit.,
pp. 41-78.
[13] Sulla logica del presupposto/posto cfr. Roberto Finelli,
La scienza del “Capitale” come «circolo del presupposto-posto». Un
confronto con il decostruzionismo,
in M. Musto (a cura
di),
Sulle tracce di un fantasma. L’opera di Karl Marx tra filologia e
filosofia, Roma, Manifestolibri, 2005, pp. 211-223; R.
Fineschi,
Marx e Hegel. Contributi a una rilettura,
Roma, Carocci, 2006, pp. 153-163.
[14] Cfr. al riguardo i fondamentali studi di R. Fineschi,
Ripartire da Marx, cit.; Id.,
Marx e Hegel, cit.,pp. 127-178; Id.,
Un nuovo Marx, cit., pp. 80-156; Id.,
I quattro livelli di astrazione del concetto marxiano di
«capitale», in Riccardo Bellofiore e R. Fineschi (a cura
di),
Marx in questione. Il dibattito“aperto” dell’International Symposium on Marxian Theory, Napoli,
La città del sole, 2009, pp. 279-311.
[15] Si veda al riguardo l’importante saggio di A. Mazzone,
La temporalità specifica del modo di produzione capitalistico,
in
Marx ed i suoi critici, a cura di L. Sichirollo, D.
Losurdo e G. M. Cazzaniga, Urbino, Quattroventi, 1987, pp. 224-260 e gli studi
di Fineschi citati nella nota precedente.
[16] Cfr. Nadja
Rakowitz, Einfache Warenproduktion. Ideal und Ideologie, Freiburg
i.Br., 2000; R. Fineschi,
Ripartire da Marx,
cit., pp. 143-145;
Id.,
Un nuovo Marx, cit.,
pp. 54-55.
[17] Per una discussione analitica del lavoro editoriale svolto da
Friedrich Engels sul materiale originale di Marx per il terzo volume de
Il capitale si veda
C.-E.
Vollgraf,
Engels’ Kapitalismus-Bild und seine
inhaltlichen Zusätze zum dritten Band des Kapital [La visione
engelsiana del capitalismo e le sue aggiunte contenutistiche al terzo volume
del
Capitale], in Rolf Hecker
et alii (a cura di),
Neue Aspekte von Marx’ Kapitalismus-Kritik [Nuovi
aspetti della critica marxiana del capitalismo], «Beiträge zur
Marx-Engels-Forschung. Neue Folge», 2004, pp. 7-53.
[18] Sulle diverse letture del processo di accumulazione si vedano i
contributi in Devi Sacchetto – Massimiliano Tomba (a cura di),
La lunga accumulazione originaria. Politica e lavoro nel mercato
mondiale, Verona, ombre corte, 2008; Sandro Mezzadra,
La «cosiddetta» accumulazione originaria, in AA.
VV.,
Lessico marxiano, Roma, Manifestolibri, 2008, pp.
23-52; M. Tomba,
Strati di tempo. Karl Marx materialista storico, Milano,
Jaca Book, 2011, pp. 261-276.
[19] Particolarmente attento al problema della
mediazione dialettica tra i diversi livelli di
astrazione della critica marxiana del modo di produzione capitalistico è il
volume di R. Fineschi,
Un nuovo Marx, cit.,
il cui terzo capitolo (pp. 130-156) si intitola significativamente
Per una teoria politica ispirata al Capitale e non
Per una
teoria politica derivata dal Capitale.
[20] Sul “carattere di classe” dell’opera scientifica di Marx si vedano
Luca Basso,
Socialità e isolamento: la singolarità in Marx,
Roma, Carocci, 2008, pp. 21-23, 33, 82, 130-136, 141-142; Id.,
Agire in comune. Antropologia e politica
nell’ultimo Marx, Verona, ombre corte, 2012, pp. 27-29, 149,
152-156 e 166; M. Tomba,
Strati di tempo,
cit., pp. 82, 92 e 126-133. Per una presentazione e discussione delle opere di
Basso e di Tomba spero mi sia concesso di poter rinviare a G. Sgro’,
Un Marx “singolare”. Osservazioni su una recente lettura
dell’opera di Karl Marx, in
«Logos. Rivista di
Filosofia», n. 8 (2013), pp. 289-299; Id.,
Dialettica, prassi e concezione
materialistica della storia. Su alcune recenti letture italiane di Marx,
in R. Fineschi – Tommaso Redolfi Riva – G. Sgro’ (a cura di),
Karl Marx 2013, «Il ponte», LXIX (2013), nn. 5-6
(maggio-giugno 2013), pp. 264-285 (in part. pp. 273-283).
[22] Per un approfondimento di tali questioni rimando a R.
Fineschi,
Un nuovo Marx, cit., pp. 142-156.