Wolfgang Fritz Haug
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Friedrich Engels, Karl Marx & Ludwig Feuerbach
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Cercheremo qui di abbattere i muri che agli occhi di molti impediscono
alla filosofia della prassi di introdursi nel regno del Marx più maturo. Il
primo di questi muri è stato eretto tra le
Tesi
su Feuerbach e la critica dell’economia politica; un secondo tra il giovane
Marx e il Marx maturo, con la conseguenza della nascita di una specie di
dualismo marxologico; un terzo muro, infine, è stato costruito tra la società e
la natura.
Se riusciremo a sospendere la quarantena nella quale gli strutturalisti
hanno rinchiuso le
Tesi su Feuerbach,
il sarcasmo di Althusser dovrà cessare e la filosofia della prassi non sarà più
«la bella conversazione notturna dei nostri leoni intellettuali da salotto»2.
Non si potrà più dire allora, con il filosofo francese, che «il primato della
prassi è la prima parola di ogni idealismo». E vacillerà anche l’ultima
separazione, quella tra la società, o la cultura, e la natura.
Nella bocca
del lupo economico: l’asse metodológico
Althusser arriva alla conclusione per cui le Tesi non possono essere utilizzate come
punto di partenza della filosofia marxista. Questa, dice, «dovrà cercare il suo punto di partenza in un altro luogo, […] per poter partecipare da lontano alla
trasformazione del mondo. Se si assume ciò, le Tesi su Feuerbach tornano al
loro glorioso passato e finalmente si può parlare di un’altra cosa: di Per la
critica dell’economia politica, dei Grundrisse, del Capitale».
Ebbene, facciamolo! Parliamo pure del Capitale! E facciamolo a partire dalla seguente domanda: come si
pongono in relazione le Tesi su Feuerbach
con la critica dell’economia politica?
Mi posi per la prima volta questa domanda quasi quaranta
anni or sono. Me l’ero proposta come compito in una situazione cruciale per la Nuova
Sinistra, non solamente in Germania: nel momento, cioè, in cui la rivoluzione
culturale del ’68, che aveva avuto una portata pressoché mondiale, iniziava a
riflettere sulle condizioni dei propri possibili e non effimeri effetti. A
quell’epoca ero un giovane docente laureato alla Freie Universität di Berlino,
che aveva già pubblicato due libri ávidamente letti e messi in pratica dal
movimento del ’68: una critica del carattere poco più che retorico
dell’antifascismo borghese e la Critica
dell’estetica delle merci, che metodologicamente poggiava sul Capitale di Marx3. Per questa ragione
ero stato invitato da studenti e docenti dell’Università di Marburgo a
impartire un seminario sull’industria culturale. Per poter studiare la teoria
di Max Horkeimer e Theodor W. Adorno e il suo oggetto reale, infatti, era
necessaria un’introduzione alla lettura de Il
capitale.
Fu quella la mia prima esperienza come professore ospite e
fu un’esperienza duratura. Quando tornai a Berlino offrii anche nella Freie Universität
un’introduzione a Il capitale. A
questo corso si iscrissero circa 700 studenti e non pochi giovani docenti.
Riuscii a liberarmi della metà degli aspiranti assicurando che nel semestre
successivo avrei ripetuto il corso apposta per loro e mi ritrovai così dentro
una congiuntura che cambiò il corso della mia vita.
Adolfo Sánchez Vásquez ha detto che gli scritti di Togliatti
sono figli delle circostanze4. Ebbene, tale fu anche la sorte del mio libro Lezioni di introduzione alla lettura de “Il
capitale”, che nacque da quell’impegno nel 1974 (nel 1978 uscì in spagnolo
a Barcellona, tradotto dal gruppo “Materiales”,
raccolto attorno a Manuel Sacristán Luzón). Quel libro, nato dall’incontro di
un movimento di massa con la teoria del Capitale
di Marx, fu poi riscritto tre volte nei primi anni. E l’ho riscritto per una
quarta volta nel 2005, dopo la grande delusione del movimento, rinforzata dal
crollo del socialismo di Stato in Europa e già ben dentro l’epoca del capitalismo
transnazionale higtech 5. Adesso costituisce
il primo volume della mia trilogia sul Capitale,
fondata sull’idea di una filosofia della prassi.
Il progetto di una rilettura del Capitale a partire dalle Tesi
su Feuerbach mi ha condotto a una reinterpretazione di queste opere così differenti:
la minore, come aveva osservato Georges Labica, commentata da un’ampia
letteratura critica al pari di certi frammenti dei presocratici, nonostante la
sua ridotta mole6; e la maggiore, un colosso teorico di migliaia di pagine. E
fu proprio nel corso della rilettura dell’opera maggiore dal punto di vista
della minore che diverse pareti divisorie furono abbattute. A parte quelle già
menzionate – tra le Tesi e Il capitale, o tra il Marx giovane e
quello maturo - si trattava in primo luogo della relazione tra la libertà umana
e la necessità economica da una parte e della separazione tra l’elemento
umanoculturale e quello naturale dall’altra. Come nella costruzione delle gallerie,
in cui si perfora la montagna da entrambi i versanti fino a quando i due scavi
si incontrano e il passaggio è aperto, infatti, mi sembrava e mi sembra tuttora
necessario intraprendere questo compito da entrambi i lati.
Dal lato del Capitale
il compito prefissato impone di discutere del metodo. In primo luogo, “metodo”
significa qui filo conduttore che collega le singole tesi, il percorso che conduce
da ciascuna alla seguente, più complessa, e che assegna a quest’ultima il suo
valore epistemico.
Marx chiama il suo modus
operandi «il mio metodo dialettico». Cosa significa? Con Althusser possiamo
dire che nonostante il fatto che Marx avesse ereditato «da Hegel la parola e l’idea della dialettica, non poteva avere accolto
questa dialettica doppiamente mistificata» 7, ma aveva dovuto affrontarne
una rifondazione sul terreno storico-materialistico. Concordo con Althusser
anche sul fatto che questa impresa non è stata da Marx sufficientemente
teorizzata. A proposito del modo in cui la si debba teorizzare, i nostri
cammini però divergono.
La necessità di rifondare la dialettica su un terreno
storicomaterialistico conduce a un’altra questione: questo terreno esisterebbe anche
senza la dialettica marxiana? In altre parole: non è possibile che la
rifondazione materialistica della dialettica non sia altro che la fondazione
del materialismo storico? Vedremo che la risposta a questa domanda non può che
articolarsi con il concetto di prassi. Che cosa dice Marx parlando della sua
dialettica? Beninteso, questa domanda deve ora essere indirizzata al Marx
“maturo”. Una prima risposta la si trova nel Poscritto alla seconda edizione de Il capitale. Qui, come è noto, Marx afferma che è necessario
concepire «ogni forma divenuta nel fluire del movimento»8. Questo è il nucleo
della sua definizione di dialettica e come tale esso è di una chiarezza quasi cristallina.
Qui nasce però la domanda successiva: come si concepisce un fenomeno sviluppato
«nel fluire del movimento»?
Nella ricerca di una formula che ci spieghi questa
definizione, ci imbattiamo d’un tratto in una nota a pie’ di pagina nel
capitolo su Macchine e grande industria.
Qui Marx auspica una storia critica della tecnologia e sorprendentemente
stabilisce un parallelo tra il problema metodologico di questa storia e il problema
analogo della storia della religione:
«Di fatto è molto più
facile trovare mediante l’analisi il nocciolo terreno delle nebulose religiose
che, viceversa, dedurre dai rapporti reali di vita, che di volta in volta si
presentano, le loro forme incielate. Quest’ultimo è l’unico metodo
materialistico e quindi scientifico» 9.
Ecco una seconda sorpresa: in questa nota Marx ripete la
regola metodologica delle Tesi su
Feuerbach, mettendola anche in questo caso in relazione alla religione. Lì,
nella Quarta Tesi, Marx riconosceva
che il «lavoro» di Feuerbach è consistito nel «risolvere [analiticamente, W.F.H.]
il mondo religioso nel suo fondamento mondano». Tuttavia, a questo punto la
cosa principale rimane ancora da fare. E infatti Marxproseguiva: «Il fatto che
il fondamento mondano si distacchi da se stessa e si costruisca nelle nuvole
come un regno fisso ed indipendente, è da spiegarsi soltanto con
l’auto-dissociazione e con l’autocontraddittorietà di questo fondamento mondano
»10.
Quest’ultimo punto, che tocca la questione principale,
vent’anni dopo, nel Capitale, Marx lo
applica alla tecnologia: «La tecnologia svela il comportamento attivo dell’uomo
verso la natura», dice. Svela cioè «l’immediato
processo di produzione della sua vita, e con esso anche l’immediato processo di
produzione dei suoi rapporti sociali vitali e delle idee dell’intelletto che ne
scaturiscono»11. Notiamo, di passaggio, che qui, ove si tratta del processo
di produzione e riproduzione immediato della nostra esistenza, entra in gioco
la natura. Tornerò su questo punto tra breve, chiedendomi come la natura entri
nella filosofía della prassi e che cosa questa entrata significhi per
l’umanesimo di questa filosofia. Per il momento, notiamo però che la chiave che
per il Marx de Il capitale dà accesso
ai fenomeni «nel fluire del movimento», secondo la formula che collega Il capitale alle Tesi su Feuerbach, è esattamente il «comportamento attivo dell’uomo».
Solo questa prassi conduce ai «rapporti sociali vitali e [alle] idee
dell’intelletto che ne scaturiscono [entquellen, da Quelle, fonte]». Possiamo
perciò riassumere con parole nostre: il metodo dialettico, seguendo il commento
che Marx fa di sé stesso, si propone di ricostruire l’emergere del fenomeno e
adatta l’indagine al processo di sviluppo medesimo. Tuttavia, il filo
conduttore di questa ricostruzione genetica è nient’altro che il comportamento
degli esseri umani nelle loro relazioni socionaturali, nella loro prassi.
Resta da vedere se Marx nel suo lavoro teorico si muova effettivamente
in questa direzione. Ciò che ora dobbiamo considerare è dunque il Marx
operativo e non la sua auto-interpretazione. Si tratterà perciò di verificare se il procedimento di
Marx nel Capitale possa essere spiegato
dal punto di vista della prassi. È a quest’altezza che a un certo punto ci
accorgeremo che per poter perseguire questa prospettiva dovremo andare con Marx
oltre Marx. Per indicare in quale direzione ci muoveremo scelgo alcuni problemi
cruciali:
1. Qual è la relazione tra dialettica e pratica nel Marx
operativo?
2. Come intendere il determinismo materialistico dal punto
di vista della prassi?
3. Come si può concepire la legge del valore, che regge il
mondo capitalistico, in relazione all’azione umana?
4. In che relazione entra la natura con l’umanesimo della filosofía
della prassi?
Per segnalare la relazione tra dialettica e pratica nel Marx
operativo possiamo limitarci a indicare il paragrafo nel quale questa domanda viene
formulata12. Si tratta di un testo che per Althusser è ancora hegeliano13 e che
per la tendenza post-althusseriana (che non è meno oggettivista di Althusser) è
la prova del fatto che Marx segue un método logico. In effetti, questo testo,
in cui Marx realizza la sua famosa analisi della forma di valore, può essere
considerato la porta d’accesso metodologica alla sua critica dell’economia
politica. Qui la dialettica ci conduce a «
compiere
un’impresa che non è stata neppure tentata dall’economia politica borghese»,
dice Marx, e cioè «
dimostrare la genesi
di questa forma di denaro, dunque [...] perseguire lo svolgimento dell’espressione
di valore contenuta nel rapporto di valore delle merci, dalla sua figura più
semplice e inappariscente, fino all’abbagliante forma di denaro»14.
Note
1 Si tratta di una parte della
lectio magistralis per l’inaugurazione
del Coloquio internacional Adolfo Sánchez
Vásquez. A 100 Años de su nacimiento, letta presso la Universidad Nacional
Autónoma de México, 1-3 settembre 2015.
2 Cfr. ALTHUSSER 1995.
3 HAUG 1971.
4 SÁNCHEZ VÁZQUEZ 1985, p. 71.
5 In questa forma radicalmente
rielaborata le Lecciones sono ora
apparse dinuovo in spagnolo: HAUG 2016a.
6 LABICA 1987.
7 ALTHUSSER 1981, p. 142.
8 MARX 1974, p. 45 = MEW 23,
p. 28.
9 Ivi, pp. 414-415n. = MEW 23,
392-393n.
10 Marx 1972, p. 52 = MEW 3, p. 6.
11 MARX 1974, p. 414n. = MEW
23, p. 392.
12 Ho dedicato il primo volume della mia trilogia su Il capitale a questa questione e la mia risposta prasseologica ha
scatenato non poche polemiche. Non sarei corretto se pretendessi di aver già
vinto questa battaglia. Parlo dell’analisi della forma di valore nella terza
parte del primo capitolo.
13 Cfr. ALTHUSSER 1969.
14 MARX 1974, p. 80 = MEW 23, 62.
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