Moishe Postone | Ho delineato un approccio al capitale inteso come nucleo della formazione sociale, separabile dalle configurazioni del capitalismo più storicamente determinate. Allo stesso tempo, quest'approccio potrebbe aiutare a chiarire alcune dimensioni del capitalismo attuale.
I
1. L'enorme
trasformazione epocale del mondo negli ultimi decenni ha indicato
drammaticamente che l'attuale teoria sociale e storica dev'essere intesa come
centrale rispetto alle dinamiche storiche ed ai cambiamenti strutturali su
larga scale, se vuole dimostrarsi adeuata al nostro universo sociale.
2. La categoria
marxiana di capitale è di importanza cruciale per quel che riguar- da la
costituzione di una tale teoria del mondo contemporaneo, ma solamente se essa
viene riconcettualizzata in modo da distinguersi sostanzialmente dai modi nei
quali la categoria di capitale è stata recentemente usata nei diversi discorsi
delle scienze sociali, così come nelle interpretazioni marxiste tradizionali.
3. La categoria
di capitale che presenterò, allora, ha ben poco in comune con i modi in cui
"capitale" viene usato da una grande varietà di teorici, che vanno da
Gary Becker, passando per Bourdieu, fino ad arrivare a molti marxisti per i
quali "capitale" generalmente si riferisce ad un surplus sociale di
cui ci si appropria privatamente. All'interno di quest'ultimo quadro interpretativo,
capitale è essenzialmente surplus di ricchezza nelle condizioni di sfruttamento
di classe astratto e non palese.
4. La categoria
di capitale di Marx, sostengo, non è solamente una categoria sociale che
delinea un determinato modo di sfruttamento. E' anche, centralmente, una
categoria temporalmente dinamica che cerca di cogliere la moderna società
capitalista come forma di vita sociale caratterizzata da forme quasi oggettive
di dominio che sono alla base di un'intrinseca dinamica storica. La dinamica
dialettica e storicamente specifica, colta dalla categoria di
"capitale" di Marx, è una caratteristica fondamentale, socialmente
costituita, storicamente specifica, del capitalismo (che, allo stesso tempo, lo
fa sorgere ma determina anche la possibilità di una forma di vita
post-capitalista emancipata). Essa si fonda in ultima analisi su una forma di
ricchezza storicamente specifica al capitalismo, chiamata valore, che Marx ha
distinto nettamente da quella che egli ha definito ricchezza materiale.
II
5. La mia
attenzione sul carattere storicamente dinamico del capitalismo risponde alle
massicce trasformazioni del capitalismo durante l'ultimo terzo del 20° secolo.
Questo periodo è stato caratterizzato dal dipanarsi della sintesi fordista
stato-centrica del dopoguerra, in Occidente, dal collasso o dalla
trasformazione fondamentale dei partiti-Stato e delle loro economie di comando
nell'Est, e dall'emergere di un ordine globale capitalista neoliberista (che
potrebbe, a sua volta, essere compromesso dallo sviluppo di enormi blocchi
regionali concorrenti). Dal momento che hanno incluso il collasso dell'Unione
Sovietica e del comunismo europeo, questi cambiamenti sono stati assunti come
segnale della fine del marxismo e della rilevanza teorica di Marx.
6. Eppure queste
trasformazioni storiche hanno anche sottolineato il bisogno di confrontarsi con
le dinamiche storiche e con i cambiamenti su larga scala, Ed è precisamente
questa problematica ad essere il cuore dell'analisi critica di Marx.
7. L'importanza
centrale di questa problematica è rafforzata quando si considera la traiettoria
complessiva del capitalismo stato-centrico nel 20° secolo, dal suo inizio che
può essere collocato nella prima guerra mondiale e nella rivoluzione russa,
attraverso il suo apogeo nei decenni susseguenti alla seconda guerra mondiale,
ed il suo declino dopo i primi anni 1970.
8. Quel che è
significativo in questa traiettoria è il suo carattere globale. Essa comprende
i paesi capitalisti occidentali e l'Unione Sovietica, così come i territori colonizzati
ed i paesi decolonizzati. Differenze nello sviluppo storico, naturalmente, si
verificano. Na, osservate in riferimento alla traiettoria vista nel suo
insieme, sono più una questione di inflessioni diverse rispetto ad un modello
comune piuttosto che sviluppi fondamentalmente diversi. Ad esempio, lo Stato
sociale si era esteso a tutti i paesi industriali occidentali, nel corso del
20° secolo dopo la fine della seconda guerra mondiale, e poi limitato, o
parzialmente smantellato, a cominciare dai primi anni 1970. Questi sviluppi si
sono verificati a prescindere dal fatto che al potere ci fossero partiti
conservatori o parti socialdemocratici ("liberal").
9. Tali sviluppo
generali non possono essere spiegati in termini di decisioni politiche
contingenti, e suggeriscono fortemente l'esistenza di vincoli strutturali
generali. Indicano come la storia capitalista non possa essere
adeguatament4e colta come "diacronica", ossia, in termini di sola
contingenza.
10. L'esame di
tali modelli storici generali suggerisce, quindi, che le posizioni che cercano
di trattare la storia in termini di contingenza, come quelle degli autori
post-strutturalisti, sono empiricamente inadeguate rispetto alla storia della
società capitalista. Non di meno, tale considerazione non rinuncia
necessariamente a quello che potrebbe essere considerata come l'intuizione
critica che guida tali tentativi di affrontare la contingenza storica - vale a
dire, che la storia intesa come dispiegarsi di una necessità immanente dovrebbe
essere colta come il delinearsi di una forma di mancanza di libertà.
11. La categoria
di capitale, suggerisco, permette una posizione che possa andare oltre la
classica antinomia fra necessità e libertà, riassunta come una via di mezzo fra
la concezione hegeliana della storia intesa come necessità ed il suo rifiuto
post-strutturalista fatto in nome della contingenza (e presumibilmente
dell'azione). Così come andrò ad elaborarla, la categoria di capitale trattiene
la dinamica immanente della moderna società capitalista dentro forme
determinate di mediazione sociale. Dentro questo quadro, la Storia, intesa come
dinamica diretta in maniera immanente, non è una categoria universale del vita
sociale umana. Piuttosto, è una caratteristica determinata, storicamente
specifica, della società capitalista che può essere, ed è stata, proiettata su
tutta la storia umana.
12. I modelli
globali su grande scala che caratterizzano la storia capitalista implicano
l'esistenza di forti vincoli sulle decisioni politiche, sociali ed economiche.
Lungi dal vedere la storia come inequivocabilmente positiva, una posizione che
basa tali modelli sulla categoria di capitale coglie la loro esistenza in
quanto manifestazione di eteronomia.
13. In questa
valutazione, la posizione critica marxiana è più vicina al post-strutturalismo
che la marxismo ortodosso della Seconda Internazionale. Tuttavia, essa non
considera la storia eteronoma come come una narrazione, la quale possa essere
semplicemente dissolta in maniera discorsiva, ma come una struttura di dominio
che deve essere superata. Da questo punto di vista, qualsiasi tentativo di
salvare l'agire umano concentrandosi sulla contingenza in un modo che mette in
parentesi l'esistenza di strutture di dominio storicamente specifiche è -
ironicamente - profondamente depotenziante.
14. Infine,
dentro il quadro che ho delineato, il capitale, come struttura di dominio, è
dialettico; è sia auto-perpetuante che auto-distruttivo.
III
15. Che cos'è il
capitale, secondo Marx? Al centro della categoria di capitale di Marx si trova
il plusvalore. Questa categoria è stata generalmente intesa nel senso di
sfruttamento. Essa indica che, a dispetto delle apparenze, il plusvalore nel
capitalismo non è costituito da un numero di fattori di produzione, come
lavoro, terra, e macchinari, ma soltanto dal lavoro. Il plusvalore è una
categoria dello sfruttamento basato sulla classe.
16. Pur non
essendo in disaccordo con quest'analisi del plusvalore, la posizione da me
delineata la ritiene parziale. La comprensione convenzionale di plusvalore si
concentra esclusivamente sulla creazione del plusvalore, ma non considera
sufficientemente il significato che nell'analisi di Marx ha la forma di
ricchezza in esso coinvolta, vale a dire il valore.
17. Elaborare il
concetto di capitale di Marx, perciò, comporta che si considerino brevemente le
categorie più fondamentali con cui Marx inizia la su analisi: merce e valore.
Com'è ben noto, Marx analizza la merca come relazione sociale oggettivata
piuttosto che come oggetto. Al cuore dell'analisi che Marx fa della merce, sta
la sua tesi per cui il lavoro, nel capitalismo, ha un "carattere
duplice": è sia "lavoro concreto" che "lavoro
astratto". "Lavoro concreto" si riferisce al fatto che alcune
forme di quello che noi consideriamo attività lavorativa, in tutte le società
mediano le interazioni degli esseri umani con la natura. "Lavoro
astratto" non è semplicemente riferito al lavoro concreto in astratto, al
"lavoro" in generale, ma ad un tipo di categoria molto differente.
Significa che il lavoro, nel capitalismo, possiede anche una dimensione sociale
unica che non è intrinseca all'attività lavorativa in quanto tale: essa non
solo media le relazioni degli esseri umani con la natura, ma anche le relazioni
sociali. Così facendo, essa costituisce una nuova, quasi oggettiva, forma di
interdipendenza sociale. "Lavoro astratto", in quanto funzione
mediatrice, specificamente storica, del lavoro, è il contenuto, o meglio la
"sostanza" del valore.
18. Il lavoro nel
capitalismo, secondo Marx, quindi, non è soltanto lavoro, come noi lo
intendiamo in maniera trans-storica e secondo il senso comune, ma è anche
un'attività mediatrice storicamente specifica. Dal momento che le sue
oggettivazioni - merce, capitale - sono sia prodotti del lavoro concreto che
forme oggettivate della mediazione sociale. Secondo quest'analisi, le relazioni
sociali che più fondamentalmente caratterizzano la società capitalista sono
assai differenti dalle evidenti relazioni sociali, qualitativamente specifiche,
che caratterizzano le società non-capitaliste. Sebbene quest'ultimo tipo di
relazioni continuino ad esistere nel capitalismo, quello che in ultima analisi
struttura questa società è un nuovo, soggiacente, livello di relazioni sociali
che sono costituite dal lavoro. Tali relazioni hanno un peculiare,
quasi-oggettivo, carattere formale, e sono dualistiche - sono caratterizzate
dall'opposizione fra una dimensione omogenea, generale, astratta ed una
dimensione materiale, concreta, particolare. Entrambe le dimensioni appaiono
essere "naturali", anziché sociali, e condizionano le concezioni
sociali della realtà naturale.
19. Il carattere
astratto della mediazione sociale soggiacente al capitalismo, si esprime anche
nella forma della ricchezza dominante in questa società. La "teoria del
valore-lavoro" di Marx non è una teoria della ricchezza-lavoro, ossia, una
teoria che cerca di spiegare il funzionamento del mercato e di provare
l'esistenza dello sfruttamento, sostenendo che il lavoro, in tutti i tempi ed
in tutti i luoghi, è la sola fonte di ricchezza sociale. Marx analizza il
valore in quanto forma di ricchezza storicamente specifica, la quale è legata
al ruolo storicamente unico del lavoro nel capitalismo; in quanto forma di
ricchezza, esso è anche forma di mediazione sociale.
20. Marx
distingue esplicitamente il valore dalla ricchezza materiale. Questa
distinzione è di fondamentale importanza per la su analisi. La ricchezza
materiale è misurata dalla quantità di prodotti fabbricati ed è funzione di una
serie di fattori, quali la conoscenza, l'organizzazione sociale, e le
condizioni naturali, oltre che il lavoro. Il valore è costituito solamente dal
dispendio di tempo di lavoro umano, secondo Marx, ed è la forma dominante di
ricchezza nel capitalismo. Se consideriamo che la ricchezza materiale, quando è
la forma dominante della ricchezza, viene mediata da relazioni sociali evidenti,
il valore risulta essere una forma di ricchezza auto-mediante.
21. Quindi, nel
quadro di questa interpretazione, quello che fondamentalmente caratterizza il
capitalismo è la forma astratta, storicamente specifica, della mediazione
sociale - una forma di relazioni sociali che è unica dal momento che è mediata
dal lavoro. Questa forma di mediazione storicamente specifica è costituita da
determinate forme di pratica sociale e, tuttavia, diviene quasi-indipendente
dalle persone impegnate in tali pratiche. Il risultato è una nuova forma di
dominio sociale - una dorma che assoggetta le persone ad imperativi strutturali
impersonali, sempre più razionalizzati, e a vincoli che non possono essere
sufficientemente compresi in termini di dominio di classe, o, più in generale,
in termini di dominio concreto da parte di gruppi sociali o da parte di agenzie
istituzionali dello Stato e/o dell'economia. Questa forma di dominio non ha una
legittimazione precisa e, seppur costituita da determinate forme di pratica sociale,
non appare essere affatto sociale.
22. A tal
riguardo, è significativa la determinazione della grandezza del valore, in
Marx. Già nella sua discussione circa la grandezza del valore in termini di
tempo di lavoro socialmente necessario, Marx allude alla peculiarità del valore
in quanto forma sociale di ricchezza la cui misura è temporale: incrementando
la produttività, si incrementa l'ammontare del valore d'uso prodotto per unità
di tempo, ma si traduce soltanto in un incremento a breve termine nella grandezza
del valore creato per unità di tempo. Una volta che l'incremento della base
produttiva diviene generale, la grandezza del valore scende al di sotto del suo
livello di base. Il risultato è una sorta di dinamica della pedana mobile.
23. All'inizio della
sua esposizione, Marx comincia a caratterizzare il capitalismo come una società
guidata da una dinamica peculiare che conduce ad incrementare sempre i livelli
di produttività, con la conseguenza di incrementare grandemente la produzione
di valore d'uso. Questi livelli crescenti di produttività, ad ogni modo, non
significano un incremento proporzionale del valore, la forma sociale della
ricchezza nel capitalismo. Questo peculiare dinamica da tapis roulant è guidata
dalla dimensione temporale del valore. La forma astratta, storicamente
specifica, di dominio sociale intrinseca alla forma fondamentale di mediazione
sociale del capitalismo, è il dominio delle persone da parte del tempo. Questa
forma di dominio è associata ad una forma astratta di temporalità storicamente
specifica - tempo astratto newtoniano - il quale è costituito storicamente
insieme alla forma merce.
IV
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Foto: Moishe Postone |
24. Questa
dinamica è al centro della categoria di capitale. Marx, per primo, definisce il
capitale come valore auto-valorizzante. Cioè, il capitale, per Marx, è una
categoria di movimento, di espansione; è valore in movimento. Il capitale, per
Marx, non ha forma fissa, ma appare come momenti differenti del suo percorso a
spirale sotto forma di denaro e di merci. Il capitale, secondo Marx, comporta
quindi un processo incessante di auto-espansione del valore, un movimento
direzionale senza alcun Telos(fine) esterno che genera un ciclo di
produzione su larga scala di produzione e consumo, di creazione e distruzione.
25.
Significativamente, nell'introdurre la categoria di capitale, Marx lo descrive
con lo stesso linguaggio usato da Hegel nella "Fenomenologia" in
riferimento alla "Geist" (spirito) - la sostanza semovente che è il
soggetto del suo proprio processo. Così facendo, Marx suggerisce che il
Soggetto storico in senso hegeliano esiste effettivamente nel capitalismo.
Tuttavia - e questo è di importanza cruciale - egli non identifica questo
soggetto con il proletariato (come fa Lukàcs), o con qualsiasi altro gruppo
sociale, e neppure con l'umanità. Piuttosto egli fa riferimento al capitale -
una struttura di relazioni sociali alienate costituite da un determinata forma
di pratica oggettivante.
26. Il fatto che
Marx adotti la determinazione concettuale iniziale dello spirito, di Hegel, per
introdurre il concetto di capitale, ha molte significative implicazioni su cui
qui posso soffermarmi solo brevemente. Egli suggerisce - come ho già detto
prima - che il concetto hegeliano di storia, come dispiegamento direzionale
dialettico, è valido, ma lo soltanto per l'era capitalistica. In relazione a
questo, il dispiegarsi sociale della dialettica avviene nelle forme di
mediazione sociale espresse dalle categorie di merce, valore, e capitale.
27. Questa
identificazione dello Spirito di Hegel con il capitale, rappresenta la piena
elaborazione della teoria dell'alienazione che Marx elaborò per la prima volta
nei suoi primi lavori. Marx considera il dispiegarsi della logica dialettica
del capitale come una espressione sociale reale delle relazioni sociali
alienate che, sebbene costituite nella pratica, esistono in maniera quasi
indipendente. Queste relazioni sociali non possono essere pienamente colte come
relazioni di classe ma come forma di mediazione sociale che strutturano e sono
strutturate dalle relazioni di classe. La logica del capitale, quindi, non è
una manifestazione illusoria delle soggiacenti relazioni di classe ma è una
forma sociale del dominio, inseparabile dalle forme sociali fondamentali /
relazioni caratteristiche del capitalismo - merce e capitale. Una logica della
storia e delle forme alienate delle relazioni sociali sono intrinsecamente
correlate.
28. A margine:
l'identificazione fra lo stesso soggetto-oggetto di Hegel e le forme
storicamente specifiche della mediazione sociale ha delle implicazioni molto
importanti per una teoria della soggettività. Essa cambia i termini del
problema della conoscenza e, più generalmente, della soggettività, dalla
conoscenza individuale o sovra-individuale del soggetto e dalla sua relazione
con un mondo esterno (o esternalizzato), alle forme delle relazioni sociali,
considerate come determinazioni tanto di oggettività sociale quanto di
soggettività. In riferimento alla questione più specifica del lavoro e della
coscienza, la questione viene ora ad essere focalizzata sulla forma di
mediazione sociale vista come forma soggettiva/oggettiva, piuttosto che sulle
relazioni fra esseri umani e natura.
29. La critica di
Hegel, svolta da Marx ne Il Capitale, suggerisce che egli non tratti le
relazioni capitaliste come estrinseche al Soggetto, come qualcosa che ne
ostacoli la piena realizzazione. Invece, come abbiamo visto, Marx analizza
queste relazioni stesse come costituenti il Soggetto. Nella sua teoria matura,
poi, Marx non postula un meta-soggetto storico, quale il proletariato, che
realizzerebbe se stesso in una società futura, ma fornisce le basi per una
critica di tale concetto.
30. Similmente,
la determinazione categoriale di Marx del capitale come Soggetto storico
implica una posizione assai diversa da quella dei teorici come Lukàcs, per i
quali la totalità sociale costituiva il punto di partenza della critica del
capitalismo, che doveva realizzarsi nel socialismo. Nel Capitale, la totalità
ed il lavoro che la costituisce sono diventati gli oggetti della critica.
31. Dentro il
quadro del Capitale, la formazione sociale capitalista è unica nella misura in
cui è costituita da una "sostanza" sociale qualitativamente omogenea.
Quindi essa esiste come totalità sociale. Le fondamentali relazioni sociali
delle altre società non sono qualitativamente omogenee. Quindi non sono
totalizzate - non possono essere colte col concetto di "sostanza",
non possono essere spiegate a partire da un singolo principio strutturante, e
non mostrano una logica immanente necessariamente storica.
32. L'idea
secondo la quale è il capitale il Soggetto totale, e non il proletariato o
l'umanità, indica come la negazione storica del capitalismo comporti
l'abolizione del Soggetto e della totalità, e non la loro realizzazione. Le
contraddizioni del capitale, di conseguenza, devono essere rivolte oltre il
Soggetto, oltre la totalità.
33. Determinare
il capitale come Soggetto storico è collegato ad un'analisi che cerca di
spiegare il complesso direzionale dinamico della società capitalista in
riferimento alle relazioni sociali che, sebbene costituite dalla pratica,
acquisiscono un'esistenza quasi-indipendente ed assoggettano le persone a vincoli
quasi-oggettivi. Questa posizione differisce fondamentalmente da quelle che
identificano il Soggetto storico con la classe lavoratrice. Interpretazioni che
postulano la classe o l'umanità come il Soggetto storico sembrano promuovere la
dignità umana con l'enfatizzare il ruolo della prassi nella creazione della
storia. Dentro il quadro dell'interpretazione qui delineata, ad ogni modo, tali
posizioni sono solo apparentemente emancipatrici nella misura in cui non
colgono adeguatamente l'eteronomia espressa dalla Storia, dalla logica storica
del capitale.
34. Più in
generale, posizioni che asseriscono in maniera affermativa l'esistenza di una
logica storica e di una totalità, sono relative a quelle posizioni che negano
l'esistenza della totalità al fine di poter salvare la possibilità
dell'emancipazione. Entrambe postulano in maniera unilaterale un'identità
trans-storica fra quello che è e quello che dovrebbe essere, fra il riconoscere
l'esistenza della totalità e l'affermarla. Entrambe differiscono rispetto all'approccio
di Marx, il quale analizza la totalità come una realtà eterogenea, al fine di
riuscire a scoprire le condizioni della sua abolizione.
35. La critica
matura di Marx ad Hegel, non comporta più una inversione antropologica
"materialista" della dialettica idealista di quest'ultimo (così come
viene compresa, ad esempio, da Lukàcs). Si tratta piuttosto di una
"giustificazione" materialista della dialettica. Marx sostiene
implicitamente che il "nucleo razionale" della dialettica di Hegel è
proprio il suo carattere idealista. E' un'espressione di un modo di dominio
costituito da relazioni alienate, cioè, relazioni che acquisiscono un'esistenza
quasi-indipendente rispetto agli individui, e che, a causa della loro peculiare
natura dualistica, sono dialettiche nel carattere. Il Soggetto storico è la
struttura alienata della mediazione social che è costituiva della formazione
capitalista.
V
36. La logica
storica, spiega Marx, è definitivamente radicata nel doppio carattere della
merce e, quindi, nella forma del capitale. Come abbiamo visto, la forma merce,
in quanto dualità di valore d'uso e di una forma storicamente specifica di
ricchezza, il valore, implica una dinamica particolare. Da un lato, in quanto
forma di ricchezza temporalmente determinata, il valore è alla base di un
movimento continuo per incrementare la produttività che è un marchio di
garanzia della produzione capitalista. Dall'altro lato, poiché il valore è una
funzione del solo tempo di lavoro socialmente necessario, livelli generali di produttività
socialmente più alti risultano in una più grande quantità di ricchezza
materiale, ma non in più alti livelli di valore per unità di tempo. La
dimensione di valore d'uso del lavoro, che è alla base dell'incremento di
produttività, non cambia la quantità di valore prodotto per unità di tempo, ma
cambia la determinazione di ciò che si intende come determinata unità di tempo
- ad esempio, un'ora lavorativa sociale. L'unita di tempo (astratto) è stata
spinta in avanti, per così dire, nel tempo (storico).
37. Questa
dinamica dialettica di valore e valore d'uso è resa logicamente implicita nella
trattazione che Marx fa, nella sua analisi preliminare della forma merce, del
tempo di lavoro socialmente necessario. Emerge apertamente quando comincia ad
elaborare il concetto di capitale rispetto a quello di plusvalore.
38.
Analiticamente, Marx distingue due aspetti del modo capitalistico di
produzione: è un processo per la produzione di valore d'uso (processo di
lavoro) ed è un processo di generazione di (surplus) valore (processo di
valorizzazione). Analizzando quest'ultimo, Marx distingue fra la produzione di
plusvalore assoluto (dove gli incrementi nel plusvalore vengono generati
incrementando il tempo di lavoro totale) ed il plusvalore relativo (dove gli incrementi
nel plusvalore sono effettuati incrementando la produttività, cosa che comporta
una diminuzione del valore necessario alla riproduzione del lavoratori).
39. Con
l'introduzione della categoria di plusvalore relativo, la logica
dell'esposizione di Marx diventa una logica storica, dacché è caratterizzata
dall'accelerazione temporale. Ciò che nell'analisi di Marx caratterizza il
plusvalore relativo è che dove il livello di produttività, ad un livello
socialmente generale, è più alto, la maggior produttività, per poter generare
un determinato incremento nel plusvalore, dev'essere ancora ulteriormente
incrementata.
40. In altre
parole, l'espansione di plusvalore richiesta dal capitale tende a generare
incrementi di accelerazione nella produttività e, quindi, nella massa di merci
prodotte e nei materiali consumati. Eppure, la quantità sempre crescente di
ricchezza materiale non rappresenta un corrispondente alto livello di ricchezza
sociale sotto forma di valore. Ciò suggerisce che una caratteristica del moderno
capitalismo che lascia perplessi - l'assenza di benessere generale nel contesto
di abbondanza materiale - non è soltanto questione di un'iniqua distribuzione,
ma è anche una funzione della forma valore della ricchezza nel capitalismo.
41. Da un lato,
la dialettica temporale che ho brevemente delineato indica che ad elevati
livelli, socialmente generali, di produttività non diminuisce proporzionalmente
la necessità, socialmente generale, di dispendio di tempo lavorativo (cosa che
avverrebbe se la ricchezza materiale fosse la forma dominante di ricchezza).
Invece questa necessità viene costantemente ricostituita. Di conseguenza, il
lavoro rimane il mezzo necessario per la riproduzione materiale ed il dispendio
di tempo lavorativo rimane fondamentale per il processo di produzione (a
livello della società intesa come un tutto) indipendentemente dal livello di
produttività.
42. Questo si
traduce in una complessa dinamica storica di trasformazione e di
ricostituzione. Da un lato, questa dinamica genera continue trasformazioni nei
processi tecnici del lavoro, della divisione del lavoro e, più generalmente,
della vita sociale, della natura della produzione, dei trasporti, della
circolazione, dei modelli di vita, e della forma della famiglia.
43. Dall'altro
lato, questa dinamica storica comporta la continua ricostituzione della sua
stessa condizione fondamentale - che, in definitiva, la mediazione sociale
viene attuata dal lavoro e che il lavoro vivente resta parte integrante del
processo di produzione (a livello della società intesa come un tutto)
indipendentemente dal livello di produzione.
44. Questo
complesso dialettico è quello che spinge sempre più oltre la necessità del
lavoro proletario nel mentre che ricostituisce questa stessa necessità come
condizione di vita per il capitalismo.
45. Questa
comprensione del complesso dinamico del capitalismo è, naturalmente, solo una
determinazione iniziale astratta. (La spinta del capitale verso l'espansione,
ad esempio, non ha sempre bisogno che questo comporti un aumento della
produttività. Può avvenire anche attraverso l'abbassamento dei salari, per
esempio, oppure allungando la giornata lavorativa. Nondimeno, quello che ho
descritto delinea una logica sovrastante del capitale). Questa comprensione indica
la possibilità di un'analisi che critichi socialmente (piuttosto che
tecnicamente) la traiettoria della crescita e la struttura della produzione
sotto il capitalismo.
VI
46. Da un lato,
la dimensione temporale del valore soggiace ad un determinato modello di
"crescita" - dove la sempre maggiore capacità produttiva umana ha una
forma di fuga sulla quale le persone hanno scarso controllo. Questo modello,
che dà luogo ad un incremento della ricchezza materiale maggiore
dell'incremento del plusvalore (che rimane la forma rilevante dell'eccedenza
nel capitalismo), porta alla distruzione accelerata dell'ambiente naturale.
47. In questo
quadro, allora, il problema con la crescita economica nel capitalismo non è
solo quello di essere attraversata da crisi, ma anche che la forma della
crescita stessa è problematica. La traiettoria della crescita sarebbe diversa
se lo scopo finale della produzione fosse un incremento della quantità di
merci, anziché il plusvalore.
48. La
distinzione fra ricchezza materiale e valore, allora, permette una critica
delle negative conseguenze ecologiche della produzione capitalista moderna nel
quadro di una critica teorica del capitalismo. Come tale, essa punta oltre la
contrapposizione fra fuga, crescita ecologicamente distruttiva come condizione
di benessere sociale, ed austerità come condizione di organizzazione di tipo
ecologico della vita sociale.
49. Quest'approccio
fornisce anche le basi per un'analisi della struttura del lavoro sociale e
della natura della produzione nel capitalismo che sia sociale anziché
tecnologica. Quest'approccio non considera il processo capitalista di
produzione come un processo tecnico che, sebbene sempre più socializzato, viene
usato dai capitalisti privati per il loro proprio fine individuale. Invece,
parte dall'analisi di Marx delle due dimensioni del processo capitalista di
produzione - il processo lavorativo ed il processo di valorizzazione.
50. Da principio,
secondo Marx, il processo di valorizzazione rimane estrinseco al processo
lavorativo (ciò che egli chiama la "sussunzione formale del lavoro sotto
il capitale"). A questo punto, la produzione non è ancora intrinsecamente
capitalista. Poi, però, il processo di valorizzazione plasma la natura dello
stesso processo lavorativo (la "sussunzione reale del lavoro sotto il
capitale"). La nozione di sussunzione reale del lavoro sotto il capitale
significa che la produzione in un ordine sociale post-capitalista non dovrebbe
essere concepita allo stesso modo della produzione come avviene nel capitalismo
(ad esempio, produzione industriale), che ora non è più proprietà di una classe
di proprietari privati.
51. Ad un livello
logicamente astratto, la sussunzione reale del lavoro sotto il capitale può
essere compresa come un processo in ultima analisi radicato nell'imperativo
duale del capitale - la spinta verso un continuo incremento della produttività
e la ricostituzione strutturale della necessità di un dispendio di forza lavoro
umana diretta ad un livello sociale totale. La forma materiale della produzione
capitalista pienamente sviluppata può essere colta, riferendola alle pressioni
contraddittore generate da questi due imperativi sempre più opposti fra di
loro.
52. Questo ci
consente di dare inizio ad una spiegazione strutturale del paradosso centrale
della produzione nel capitalismo. Da un lato, la spinta del capitale a continui
incrementi nella produttività da luogo ad apparati produttivi tecnologicamente
sofisticati che rendono la produzione di ricchezza materiale essenzialmente
indipendente dal dispendio di tempo lavorativo umano diretto. Questo apre la
possibilità di riduzioni, socialmente generate su grande scala, nel tempo di
lavoro e di cambiamenti fondamentali nella natura e nell'organizzazione sociale
del lavoro. Eppure queste possibilità non vengono realizzate nel capitalismo.
Lo sviluppo di una produzione tecnologicamente sofisticata non libera un
maggior numero di persone da un lavoro parziale e frammentato. Allo stesso
modo, il tempo di lavoro non viene ridotto ad un livello sociale totale, ma
viene distribuito in modo ineguale, addirittura aumentando per molti.
53. L'attuale
struttura ed organizzazione della produzione non può, quindi, essere compresa
adeguatamente soltanto in termini tecnologici, ma va compresa anche
socialmente, in riferimento alle mediazioni sociali espresse dalle categorie di
merce e di capitale.
54. A questo
punto possiamo tornare all'implicita identificazione dello Spirito di Hegel con
il capitale. Il lavoro nel capitalismo, come abbiamo visto, ha due dimensioni
sociali analiticamente separabili, una dimensione di valore d'uso ("lavoro
concreto") ed una dimensione di valore ("astratto"). La
dimensione di valore d'uso del lavoro si riferisce al lavoro come ad
un'attività sociale che media gli esseri umani e la natura producendo beni che
vengono consumati socialmente. Marx considera la produttività come produttività
del lavoro utile, concreto. Esso è determinato dall'organizzazione sociale
della produzione, dal livello di sviluppo e di applicazione della scienza, e
dalle competenze acquisite dalla popolazione lavoratrice. Cioè, il carattere
sociale della dimensione del valore d'uso comprende l'organizzazione sociale e
la conoscenza sociale e non si limita al dispendio di lavoro diretto. La
produttività nell'analisi di Marx è un'espressione del carattere sociale del
lavoro concreto, delle capacità produttive acquisite dall'umanità.
55. La dimensione
di valore del lavoro ("lavoro astratto") si riferisce alla funzione
storicamente unica del lavoro nel capitalismo in quanto attività socialmente
mediante. La produzione di valore, diversamente da quella di ricchezza sociale,
è necessariamente legata al dispendio di lavoro umano diretto.
56. Come abbiamo
visto, Marx per primo introduce la categoria di capitale nei termini di
quest'ultima dimensione sociale del lavoro, come valore auto-valorizzante.
Comunque, nel corso della sua presentazione, ne Il Capitale, dello sviluppo
della produzione, Marx sostiene che la dimensione di valore d'uso del lavoro
diviene storicamente un attributo del capitale.
57. Inizialmente,
nella trattazione della cooperazione e della manifattura svolta da Marx,
quest'appropriazione della forza produttiva del lavoro concreto da parte del
capitale appare essere semplicemente questione di proprietà privata, in quanto
questa forza produttiva è ancora costituita dal lavoro umano diretto nella
produzione.
58. Una volta che
si è sviluppata l'industria su larga scala, però, le forze produttive sociali
del lavoro concreto di cui si è appropriato il capitale non sono più quelle dei
produttori immediati. Essi non esistono in quanto prima forze produttive dei
lavoratori che poi vengono loro sottratte. Sono piuttosto forze produttive
socialmente generali. La condizione per il loro essere storicamente è proprio
quella per cui sono costituite sotto forma alienata, separata da, ed opposta ai
produttori immediati.
59. Questa forma
è ciò che Marx cerca di cogliere per mezzo della sua categoria di capitale.
Capitale, così come esso si sviluppa, non è la forma mistificata delle forze che
"attualmente" sono quelle dei lavoratori. E' piuttosto la forma reale
di esistenza di quel "gruppo di capacità" che sono costituite
storicamente sotto forma alienata.
60. Capitale,
allora, è la forma alienata di entrambe le dimensioni del lavoro sociale nel
capitalismo. Da un lato esso si pone di fronte agli individui come un alieno,
totalizzante Altro. Dall'altro lato, i gruppi di capacità costituiti
storicamente sotto forma di capitale aprono la possibilità storica di una forma
di produzione sociale che non è più basata su plusvalore prodotto dal dispendio
di lavoro umano diretto nella produzione, cioè, dal lavoro di una classe.
61.
Un'implicazione di quest'analisi del capitale è quella per cui il capitale non
esiste come una totalità unitaria, e che il concetto marxiano di contraddizione
dialettica fra "forze" e "relazioni" di produzione non si
riferisce alla contraddizione fra "relazioni che sono intrinsecamente
capitaliste (ad esempio, il mercato e la proprietà privata) e "forze"
che si presumono estrinseche al capitale. Piuttosto, questa contraddizione
dialettica è una contraddizione fra le due dimensioni del capitale.
62. Come totalità
contraddittoria, il capitale genera la complessa dinamica storica che ho
cominciato a tracciare, una dinamica che punta alla possibilità del suo stesso
superamento.
63. Questa
dinamica non può essere afferrata adeguatamente, sia in riferimento allo Stato
che alla società civile. Essa esiste "dietro" entrambe queste sfere,
che incorpora e trasforma sempre più.
VII
64. A posteriori,
è diventato evidente che la configurazione sociale/politica/economica/culturale
dell'egemonia del capitale è cambiata storicamente - dal mercantilismo,
attraverso il capitalismo liberale del 19° secolo e quello Stato-centrico
fordista del 20° fini capitalismo neoliberista globale contemporaneo. Ogni
configurazione ha suscitato un certo numero di critiche penetranti - per
esempio, quella dello sfruttamento e della crescita irregolare ed iniqua, o
quella della tecnocrazia, del modo burocratico di dominio.
Ciascuna di queste critiche, tuttavia, è incompleta. Come
abbiamo visto, il capitalismo non può essere identificato pienamente in nessuna
delle sue configurazioni storiche.
65. Ho delineato
un approccio al capitale inteso come nucleo della formazione sociale,
separabile dalle configurazioni del capitalismo più storicamente determinate.
Allo stesso tempo, quest'approccio potrebbe aiutare a chiarire alcune
dimensioni del capitalismo attuale.
66. Mettendo in
relazione il superamento del capitale con il superamento del lavoro proletario,
quest'approccio potrebbe cominciare ad affrontare l'emergenza storica delle
auto-comprensioni e delle soggettività post-proletarie. Esso apre la
possibilità ad una teoria che possa riflettere storicamente sui nuovi movimenti
sociali dell'ultimo decennio del 20° secolo, le cui richieste hanno espresso
bisogni che hanno molto poco a che fare con il capitalismo come viene
tradizionalmente inteso. Un'adeguata teoria del capitalismo - una teoria che
non sia legata ad una configurazione epocale del capitalismo e che sia in grado
di cogliere i cambiamenti epocali del capitalismo - dovrebbe essere in grado di
rispondere a tali movimenti, di spiegare storicamente sia il loro emergere che
la natura delle soggettività espresse.
67. Allontanando
il fuoco della critica dall'esclusiva preoccupazione per il mercato e per la
proprietà privata, quest'approccio mira a fornire le basi per una teoria
critica della società post-liberale in quanto capitalista ed anche dei paesi
cosiddetti "socialisti attualmente esistenti" in quanto forme
alternative (e fallite) dell'accumulazione capitalista, piuttosto che come
modelli sociali che rappresentavano la negazione storica del capitale, seppure
imperfetta nella forma. Esso permette anche un'analisi delle più nuove
configurazioni del capitalismo - del capitalismo globale neoliberista - in modi
che evitino di tornare in quadro marxista tradizionalista.
68. Questa
reinterpretazione implica quindi un ripensamento fondamentale della natura del
capitalismo e della sua possibile trasformazione storica. Essa suggerisce
implicitamente che una teoria adeguata della modernità dovrebbe essere un
teoria auto-riflessiva capace di superare le dicotomie teoriche fra cultura e
vita materiale, fra struttura ed azione, mentre si ancora socialmente alla
dinamica direzionale non-lineare globale del mondo moderno, alle sue forme di
crescita economica, e alla natura ed alla traiettoria del uso processo
produttivo. Ossia, una simile teoria dev'essere capace di fornire una descrizione
sociale delle caratteristiche paradossali della modernità sopra delineate.
69. In generale,
l'approccio che ho tracciato cerca di contribuire al discorso della teoria
sociale contemporanea e, in relazione a questo, alla nostra comprensione delle
profonde trasformazioni del nostro universo sociale, in dei modi che possano
contribuire alla sua fondamentale trasformazione.