"No hay porvenir sin Marx. Sin la memoria y sin la herencia de Marx: en todo caso de un cierto Marx: de su genio, de al menos uno de sus espíritus. Pues ésta será nuestra hipótesis o más bien nuestra toma de partido: hay más de uno, debe haber más de uno." — Jacques Derrida

"Los hombres hacen su propia historia, pero no la hacen a su libre arbitrio, bajo circunstancias elegidas por ellos mismos, sino bajo aquellas circunstancias con que se encuentran directamente, que existen y les han sido legadas por el pasado. La tradición de todas las generaciones muertas oprime como una pesadilla el cerebro de los vivos. Y cuando éstos aparentan dedicarse precisamente a transformarse y a transformar las cosas, a crear algo nunca visto, en estas épocas de crisis revolucionaria es precisamente cuando conjuran temerosos en su auxilio los espíritus del pasado, toman prestados sus nombres, sus consignas de guerra, su ropaje, para, con este disfraz de vejez venerable y este lenguaje prestado, representar la nueva escena de la historia universal" Karl Marx

8/11/14

Marx & Keynes

John Maynard Keynes
✆ Graziano Origa
Karl Marx
✆ Graziano Origa
Marco Dotti   |  Nel 1929, Irving Fisher godeva fama di uno dei migliori economisti al mondo. Monetarista convinto, a suo tempo sostenitore di tesi eugenetiche declinate in chiave statistica, Fisher sosteneva che il prezzo delle azioni aveva oramai raggiunto un “elevato livello permanente”. Ma non tutte le profezie si avverano o si autoavverano, anzi. Accadde così che le parole dell’ascoltatissimo Fisher venissero smentite dai fatti. Pochi giorni dopo aver pronunciato la propria predizione, infatti, il Big Crash del mercato azionario travolse tutto. Eppure, solo una settimana prima, il 21 ottobre, Fisher aveva rincarato la dose affermando che il mercato azionario, come un organismo colpito da febbre, stava solo espellendo da sé ciò che rispetto a quel mercato poteva definirsi – o, almeno, così Fisher lo definì – “lunatic fringe”, la frangia estrema. Sta di fatto che, di frangia estrema in frangia estrema, fu tutto il sistema a crollare e la reputazione di Fisher con essa. Ma Fisher continuò a insistere, producendo scenari e analisi che, puntualmente, venivano smentiti dai fatti fino a quando, rivedendo in parte le proprie tesi, tornò a dedicarsi al ruolo di analista, più che di vaticinatore di sorti magnifiche e progressive. Per uno strano destino – al di là dei meriti scientifici, che sono altra cosa – il nome di Fisher tornerà d’attualità politica sulla bocca di Milton Friedman e delle sue elette schiere che, negli anni 80 dell’imprevedibile Secolo Breve, si rivolgeranno proprio a lui come nume tutelare in funzione anti-keynesiana.

Un nuovo ritorno d’attualità lo abbiamo ai giorni nostri, quando le sue ipotesi più propriamente tecniche sulla spirale debito-deflazione hanno ripreso a circolare anche nelle élites americane più orientate all’orizzonte democratico.

Sia come sia, a muovere le crisi, dietro ai fatti contingenti sui quali le statistiche si arrestano, sembra esserci troppo, perché un mero grafico lo contenga. Anche per questo, Keynes scrisse – in un altro, diversamente disatteso vaticinio – che in futuro gli economisti “dovranno essere considerati alla stregua dei dentisti”: tecnici, ma nulla di più. Eppure, è stato proprio Keynes, suggestionato in questo da Freud, a intuire che dietro quelle crisi, su un fondo oscuro, si muove una pulsione, umanissima ma dagli effetti disumanizzanti. Quella pulsione che proprio John Maynard Keynes, l’economista a cui molti guarderanno dopo il 1929, chiamò “a morbid desire for liquidity”.

Questa richiesta di denaro a mezzo denaro, questa costante invocazione di liquidità – da parte di banche e “mercati”, oggi bizzarramente declinati all’impersonale plurale – è forse il cuore nero della crisi e di quelcasinò-capitalismo che nelle prima pagine della sua Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta l’economista inglese così descriverà: “Quando l’accumulazione di capitale di un Paese diventa il sottoprodotto delle attività di un Casinò, è probabile che le cose vadano male”.

Era il 1936 e gli effetti del crollo del ’29 avevano si dispiegavano ancora evidenti su scala globale. ohn Maynard Keynes aveva allora 53 anni, essendo nato a Cambridge il 5 giugno 1883. Pochi mesi prima, il 14 marzo, a pochi chilometri di distanza da Cambridge, precisamente i 90 che la separano da Londra, moriva Karl Marx. Una coincidenza fortuita, ma non per questo meno significativa.

È proprio questa coincidenza, proiettata in forma di distopia storica, che si trova al centro di Marx & Keynes. Un romanzo economico (Jaca book) firmato da un altro economista, Pierangelo Dacrema, che da alcuni anni sta portando avanti una ricerca sulla “fine del denaro” e l’economia postmonetaria. Al cuore del romanzo, documentato e avvincente, ci sono non solo due vite, ma anche due teorie sempre considerate sconfitte sulla scena del mondo eppure sempre destinate a riaffiorare quando una nuova crisi scompiglia i termini primi e ultimi di quella scena. Accomunati dall’anno di morte e di nascita, Marx e Keynes sono da sempre contemporanei della fine del mondo. L’interesse per il loro lavoro riaffiora, soprattutto nei punti in cui ancora sfugge dall’orizzonte salvifico declinato in chiave mainstream. Nessun ritorno a Marx, nessun bentornato a Keynes: casomai la necessità di inscrivere una rilettura in quel tentativo di andare oltre che già faceva dire a una frase variamente attribuita al filosofo di Treviri, amante ironico delle criptocitazioni letterarie, “moi, je ne suis pas marxiste”. Il Capitale, opus magnum di Marx al pari della Teoria Generale di Keynes, diventa allora oggetto delle loro riflessioni, proprio là dove qualcosa al dibattito generale era sfuggito. Il Capitale, leggiamo nel volume di Dacrema, è allora una sorta di elegia dell’impenetrabilità del fatto economico e di uno dei suoi nodi critici dirimenti: il denaro, la cosiddetta “merce esclusa”.

Così, nel 1932, mentre con l’elezione di Roosevelt negli Stati Uniti si cercò di porre un argine alla crescente disoccupazione – 15 milioni di disoccupati – e alla coda lunga della crisi del ’29, e le analisi di Keynes prendevano a riscuotere grande eco, vennero editati per la prima volta i Manoscritti economici filosofici del 1844. Anche qui, la riflessione si declina su quel “morbid desire for liquidity” che ha un nome chiaro, ma un’essenza ben più imprescrutabile: il denaro. Marx, a proposito della potente astuzia del capitale capace attraverso il denaro di canalizzare le pulsioni di morte in direzione della crescita, parlerà di un io che “tramite il denaro può tutto ciò che un cuore umano desidera”. Attraverso il denaro, annotava Marx in pagine note per nitidezza insuperate, “l’uomo ha cessato di essere schiavo dell’uomo ed è diventato schiavo della cosa; il capovolgimento dei rapporti umani è compiuto; la servitù del moderno mondo di trafficanti, la venalità giunta a perfezione e divenuta universale è più disumana e più comprensiva della servitù della gleba dell’era feudale”.

Il tempo è denaro, affermava Benjamin Franklin. Ma quel tempo, ora, ai protagonisti del romanzo di Dacrema, proiettati dinanzi alla crisi dei subprime, appare fuori di sesto ben più di quanto potessero immaginare. La velocità ha superato persino l’ultima resistenza materiale, quasi fisica, del denaro. La carta moneta è un attrito troppo grande perché non debba cedere a quella smaterializzazione che ha già travolto le strutture materiali della società, dado vita a un nuovo feudalesimo digitale. Avanza, favorita dalle tecnostrutture, una forma di denaro che è liquido nella sua dimensione temporale, non meno che in quella materiale. Il desiderio perverso – morbid desire – diventa infinito, perché esteso, potenziato, dilatato, potenzialmente sempre in atto grazie alle tecnostrutture.

Eppure, nelle discussioni fra Keynes e Marx messe in scena nel “romanzo economico”, qualche dubbio affiora. “Il denaro è lento”, afferma il Marx immaginato da Dacrema, “un cinese povero, legittimamente desideroso di diventare ricco, vuole appropriarsi dello stile di vita occidentale non per i suoi figli ma per sé, non domani ma oggi, subito, ed è la tecnica delle comunicazioni televisive e telematiche a digli che l’obiettivo è a portata di mano”. Qui è ancora l’uomo – ma per quanto? Per quantpo questa lentezza permettera a un soggetto di desiderare? – a declinare il proprio, per quanto morboso, desiderio. Ma se l’uomo stesse per diventare nient’altro che un orpello, un piccolo desiderio morboso della tecnostruttura del denaro? Infatti, il “denaro esige molti sacrifici, tutti destinati alla sua sopravvivenza e al suo benessere”. In un contesto sistemico di questo tipo, si potrebbe avanzare l’ipotesi -adombrata dai due interlocutori – che il denaro esiga sacrifici umani, ma possa, da un momento all’altro, trascendere dalla presenza stessa e persino dal sacrificio dell’uomo. “La linfa del denaro è il numero, suo unico alimento e appoggio nel mondo. Ciò è ancor più vero ora, in un’epoca in cui la moneta è oramai svincolata da oro, argento e da qualsiasi altro metallo. Anche il suo supporto cartaceo è diventato sempre più irrilevante, ragione per cui la vera armatura della moneta è il numero. E a occuparsi di numeri, soltanto di numeri, non sono solo banchieri e finanziari, agenti di cambio e società di intermediazione mobiliare, compagnie assicurative, intermediari finanziari, cassieri e scassinatori. È una comunità ben più vasta, quella degli addetti alla cura del numero, estesa a ogni Paese, ogni settore e ogni luogo di lavoro. Si tratta di tutti i contabili del pianeta, coloro la cui unica professione e mansione giornaliera è la contabilità, l’addizione, la sottrazione e la distinzione di ciò che è mio da ciò che è tuo, l’imputazione di numeri a conti, la spartizione e l’assegnazione di somme certificate dal processo contabile”.

“A morbid desire for liquidity”: e se, rovesciandon uovamente il rapporto tra oggetto e soggetto, l’uomo stesse per diventare nient’altro che un orpello, un piccolo desiderio morboso della tecnostruttura del denaro? Jacques Ellul scriveva che l’uomo avrebbe presto ridotto la propria parte attiva nel mondo a quella di un essere che, come dinanzi a una slot machine globale, innesca processi che poi non è in grado di contenere. Ancora non è tardi, si dicono con non meno realismo, ma con più senso dell’umana speranza, i due protagonisti nell’appassionante finale del libro. “Non è tardi, ma qualcosa va fatto, ora”. Ora o mai più. Prima che l’innesco e la smaterializzazione del denaro – magari con l’alibi di “tracciare i capitali” – si riveli fatale e il denaro ridotto a pura liquidity prenda a correre più veloce di ogni gesto, di ogni desiderio, di ogni pensiero, di ogni azione e persino di ogni eventuale, ma a quel punto chissà quanto possibile reazione.


◆ El que busca, encuentra...

Todo lo sólido se desvanece en el aire; todo lo sagrado es profano, y los hombres, al fin, se ven forzados a considerar serenamente sus condiciones de existencia y sus relaciones recíprocasKarl Marx

Not@s sobre Marx, marxismo, socialismo y la Revolución 2.0

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J.M. González Lara: 150 años de El Capital — Vanguardia
Roberto Giardina: Il Capitale di Marx ha 150 anni — Italia Oggi
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Marcela Gutiérrez Bobadilla: El Capital, de Karl Marx, celebra 150 años de su edición en Londres — Notimex
Mario Robles Roberto Escorcia Romo: Algunas reflexiones sobre la vigencia e importancia del Tomo I de El Capital — Memoria
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Jorge Vilches: El Capital: el libro de nunca acabar — La Razón
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José Sarrión Andaluz & Salvador López Arnal: Primera edición de El Capital de Karl Marx, la obra de una vida — Rebelión
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Marcello Musto: La durezza del 'Capitale' — Il Manifesto
Esteban Mercatante: El valor de El Capital de Karl Marx en el siglo XXI — Izquierda Diario
Michael Roberts: La desigualdad a 150 años de El Capital de Karl Marx — Izquierda Diario
Ricardo Bada: El Capital en sus 150 años — Nexos
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Juan Losa: La profecía de Marx cumple 150 años — Público
John Saldarriaga: El Capital, 150 años en el estante — El Colombiano
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Ismaël Dupont: Marx et Engels: les vies extravagantes et chagrines des deux théoriciens du communisme! — Le Chiffon Rouge
Jérôme Skalski: Lire Le Capital, un appel au possible du XXIe siècle - L’Humanité
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— Notas y reportajes de actualidad
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Michel Husson: Marx, un économiste du XIXe siècle? A propos de la biographie de Jonathan Sperber — A L’Encontre
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Sebastián Raza: Marxismo cultural: una teoría conspirativa de la derecha — La República
Samuel Jaramillo: De nuevo Marx, pero un Marx Nuevo — Universidad Externado de Colombia
Sergio Abraham Méndez Moissen: Karl Marx: El capítulo XXIV de El Capital y el “descubrimiento” de América — La Izquierda Diario
Joseph Daher: El marxismo, la primavera árabe y el fundamentalismo islámico — Viento Sur
Francisco Jaime: Marxismo: ¿salvación a través de la revolución? — El Siglo de Torreón
Michel Husson: Marx, Piketty et Aghion sur la productivité — A l’encontre
Guido Fernández Parmo: El día que Marx vio The Matrix — Unión de Trabajadores de Prensa de Buenos Aires
Cest: Karl Marx y sus "Cuadernos de París" toman vida con ilustraciones de Maguma — El Periódico
Leopoldo Moscoso: 'Das Kapital': reloading... — Público
Laura "Xiwe" Santillan: La lucha mapuche, la autodeterminación y el marxismo — La Izquierda Diario
José de María Romero Barea: Hölderlin ha leído a Marx y no lo olvida — Revista de Letras
Ismaël Dupont: Marx et Engels: les vies extravagantes et chagrines des deux théoriciens du communisme! — Le Chiffon Rouge Morlai
Francisco Cabrillo: Cómo Marx cambió el curso de la historia — Expansión
El “Dragón Rojo”, en Manchester: Cierran el histórico pub donde Marx y Engels charlaban "entre copa y copa" — BigNews Tonight
Marc Sala: El capitalismo se come al bar donde Marx y Engels debatían sobre comunismo — El Español

— Notas sobre debates, entrevistas y eventos
Fabrizio Mejía Madrid: Conmemoran aniversario de la muerte de Lenin en Rusia — Proceso
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Debate entre Andrew Kliman & Fred Moseley — Tiempos Críticos
David McNally & Sue Ferguson: “Social Reproduction Beyond Intersectionality: An Interview” — Marxismo Crítico
Gustavo Hernández Sánchez: “Edward Palmer Thompson es un autor que sí supo dar un giro copernicano a los estudios marxistas” — Rebelión
Alberto Maldonado: Michael Heinrich en Bogotá: El Capital de Marx es el misil más terrible lanzado contra la burguesía — Palabras al Margen
Leonardo Cazes: En memoria de Itsván Mészáros — Rebelión (Publicada en O Globo)
Entrevista con István Mészáros realizada por la revista persa Naghd’ (Kritik), el 02-06-1998: “Para ir Más allá del Capital” — Marxismo Crítico
Rosa Nassif: “El Che no fue solo un hombre de acción sino un gran teórico marxista” Agencia de Informaciones Mercosur AIM
Entrevista a Juan Geymonat: Por un marxismo sin citas a Marx — Hemisferio Izquierdo
Juliana Gonçalves: "El Capital no es una biblia ni un libro de recetas", dice José Paulo Netto [Português ] — Brasil de Fato
Entrevista a Michael Heinrich: El Capital: una obra colosal “para desenmascarar un sistema completo de falsas percepciones” — Viento Sur
Alejandro Katz & Mariano Schuster: Marx ha vuelto: 150 años de El Capital. Entrevista a Horacio Tarcus — La Vanguardia
Salvador López Arnal: Entrevista a Gustavo Hernández Sánchez sobre "La tradición marxista y la encrucijada postmoderna" — Rebelión
Jorge L. Acanda: "Hace falta una lectura de Marx que hunda raíces en las fuentes originarias del pensamiento de Marx" — La Linea de Fuego

— Notas sobre Lenin y la Revolución de Octubre
Guillermo Almeyra: Qué fue la Revolución Rusa — La Jornada
Jorge Figueroa: Dos revoluciones que cambiaron el mundo y el arte — La Gaceta
Gilberto López y Rivas: La revolución socialista de 1917 y la cuestión nacional y colonial — La Jornada
Aldo Agosti: Repensar la Revolución Rusa — Memoria
Toni Negri: Lenin: Dalla teoria alla pratica — Euronomade
Entretien avec Tariq Ali: L’héritage de Vladimir Lénine — Contretemps
Andrea Catone: La Rivoluzione d’Ottobre e il Movimento Socialista Mondiale in una prospettiva storica — Marx XXI
Michael Löwy: De la Revolución de Octubre al Ecocomunismo del Siglo XXI — Herramienta
Serge Halimi: Il secolo di Lenin — Rifondazione Comunista
Víctor Arrogante: La Gran Revolución de octubre — El Plural
Luis Bilbao: El mundo a un siglo de la Revolución de Octubre — Rebelión
Samir Amin: La Revolución de Octubre cien años después — El Viejo Topo
Luis Fernando Valdés-López: Revolución rusa, 100 años después — Portaluz
Ester Kandel: El centenario de la Revolución de octubre — Kaos en la Red
Daniel Gaido: Come fare la rivoluzione senza prendere il potere...a luglio — PalermoGrad
Eugenio del Río: Repensando la experiencia soviética — Ctxt
Pablo Stancanelli: Presentación el Atlas de la Revolución rusa - Pan, paz, tierra... libertad — Le Monde Diplomatique
Gabriel Quirici: La Revolución Rusa desafió a la izquierda, al marxismo y al capitalismo [Audio] — Del Sol

— Notas sobre la película “El joven Karl Marx”, del cineasta haitiano Raoul Peck
Eduardo Mackenzie:"Le jeune Karl Marx ", le film le plus récent du réalisateur Raoul Peck vient de sortir en France — Dreuz
Minou Petrovski: Pourquoi Raoul Peck, cinéaste haïtien, s’intéresse-t-il à la jeunesse de Karl Marx en 2017? — HuffPost
Antônio Lima Jûnior: [Resenha] O jovem Karl Marx – Raoul Peck (2017) — Fundaçâo Dinarco Reis
La película "El joven Karl Marx" llegará a los cines en el 2017 — Amistad Hispano-Soviética
Boris Lefebvre: "Le jeune Karl Marx": de la rencontre avec Engels au Manifeste — Révolution Pernamente

— Notas sobre el maestro István Mészáros, recientemente fallecido
Matteo Bifone: Oltre Il Capitale. Verso una teoria della transizione, a cura di R. Mapelli — Materialismo Storico
Gabriel Vargas Lozano, Hillel Ticktin: István Mészáros: pensar la alienación y la crisis del capitalismo — SinPermiso
Carmen Bohórquez: István Mészáros, ahora y siempre — Red 58
István Mészáros: Reflexiones sobre la Nueva Internacional — Rebelión
Ricardo Antunes: Sobre "Más allá del capital", de István Mészáros — Herramienta
Francisco Farina: Hasta la Victoria: István Mészáros — Marcha
István Mészáros in memoriam : Capitalism and Ecological Destruction — Climate & Capitalism.us