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John Maynard Keynes ✆ Graziano Origa
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Antonio Pagliarone | Un
amico mi ha segnalato l’articolo di Vladimiro Giacchè
La
crisi di Karl | Lo spettro della bolla che si aggira per la realtà apparso
sul Manifesto del 2 Ottobre dandomene copia e pregandomi di fare delle
annotazioni. Innanzitutto ha ragione Giacchè nel sottolineare che l’attuale
crash economico su scala globale pur apparendo come una crisi finanziaria va
spiegato andando a riprendere le categorie marxiane, senza alcun vincolo
ideologico. Occorre precisare però che lo stesso Giacchè cade in errore quando
considera che l’origine della crisi stia nella “sovrapproduzione” a causa
dell’eccesso di credito che avrebbe spinto il capitale produttivo ad andare al
di là dei suoi limiti proprio perché ha a disposizione eccessi di capitale per
investimenti produttivi da una parte ed eccessi di disponibilità monetaria per
incentivare il consumo, tesi che si trova abbastanza diffusamente anche presso
osservatori ed economisti che hanno resuscitato il keynesismo. Secondo Giacchè
quindi, citando un breve passaggio di Marx, vi sarebbe una correlazione diretta
tra andamento del credito e sovrapproduzione ma non ce lo dimostra
empiricamente. Il problema invece sta nel fatto che il modo di produzione
capitalistico ha subito delle radicali modificazioni nel corso degli ultimi
quartant’anni (dopo la famosa crisi della metà degli anni 70) e la crisi
attuale non è altro che il prodotto di una dinamica di lungo periodo del saggio
del profitto poiché sta proprio nella possibilità di conseguire profitti
l’aspetto fondamentale del modo di produzione capitalistico. A tale proposito riporto un passo di un mio intervento sulle
teorie delle crisi che uscirà in una prossima pubblicazione:
“ … la cosa più
interessante ( della crisi iniziata con la metà degli anni 70) è stato il
declino sul lungo periodo del saggio del profitto associato al declino del
saggio di accumulazione in tutte le economie industrializzate come risulta dai
grafici di Fig II, III, IV per USA, Giappone ed Europa riportati in Andrew Glyn
I costi della stabilità: Le nazioni capitalistiche avanzate negli anni ottanta
in Plusvalore n 12 (ora in www.countdownnet.info). Infatti il calo
dell’accumulazione si ripercuote inevitabilmente sull’andamento del PIL che a
sua volta decresce”.
Interessanti sono i dati relativi agli incrementi dello
stock di capitale fisso del periodo 1973-79 infatti Glyn afferma che:
"La crescita
dello stock di capitale privato é scesa del 5.4 % annuo del 1973 al 4.4 % del
1979; il declino più pronunciato si é verificato in Giappone e il minore negli
usa ... Il settore manifatturiero ha subito una diminuzione ancor più acuta,
specialmente in Europa dove il saggio di crescita dello stock di capitale si é
dimezzato fra il 1973 e il 1979 giungendo al 2 % annuo."
Poiché l’andamento dello stock di capitale è strettamente
legato alla accumulazione viene così giustificato il declino di quest’ultima
espresso nei grafici cui si è fatto riferimento ma affinché qualsiasi mutamento
del saggio di accumulazione possa avere una qualche rilevanza rispetto alla
redditività del capitale investito occorre eliminare l’ipotesi che il saggio di
accumulazione sia automaticamente uguale al saggio del profitto; anzi perché la
redditività del capitale possa aumentare occorre che si incrementi la
differenza tra il saggio del profitto e quello dell’accumulazione a favore del
primo così viene giustificato lo spostamento degli investimenti verso il
settore finanziario iniziato proprio con la “crisi” dei primi anni 70. Il
capitale è ahimè sottoposto ad un’ansia incurabile cioè non può fermarsi un
momento, deve immediatamente essere reinvestito là dove la profittabilità è
maggiore proprio per sopperire alla carenza di redditività.” L’aumento del
credito ha fatto si che una massa crescente di capitale andasse verso le forme di
finanza speculativa che garantivano redditività maggiore ed in tempi sempre più
brevi (oggi una operazione finanziaria può essere effettuata nel giro di pochi
secondi sui mercati secondari over the counter). Quindi abbiamo osservato nel
corso dei decenni una vera e propria mutazione genetica del capitalismo che ha
portato la finanza speculativa ad essere la forma dominante dell’economia
mondiale. (vedi il mio Mad Max Economy Sedizioni 2008).
Esiste poi un’a altro fattore importante da chiarire.
Innanzitutto la dinamica del credito non è così “facile” come sembrerebbe dalle
considerazioni di Giacchè. Come riferisce P Giussani in un ottimo studio
sull’argomento sostenuto, come sempre, da una robusta evidenza empirica
“Tuttavia, del tutto contrariamente a quello che in giro si tende a credere in
base all’apparenza del meccanismo moderno di creazione dei prestiti bancari a
breve, nel sistema vigente la concessione di credito e quindi la creazione di
depositi da parte delle banche non ha luogo in relazione al nulla, come una
sorta di creazione monetaria arbitraria, bensì al giro d’affari dei capitali
industriali e commerciali ovvero come anticipo di fatto degli esigibili
commerciali da essi incassati dalla vendita delle merci” cosa che ha comportato
la continua sostituzione di moneta con tutta una serie di titoli che vengono
continuamente trasferiti da una mano all’altra secondo il meccanismo dei
pagamenti. La carenza di liquidità delle banche è quindi da imputare proprio a
questa sostituzione della moneta classica con effetti di vario tipo, ma poiché
le vecchie imprese produttive si sono trasformate sempre più in società
finanziarie la pretesa di pagamento in contanti, avanzata da Giacchè, non
esiste. In realtà hanno perso valore gli effetti utilizzati fino ad ora e le
banche non hanno alcuna possibilità di garantire nuovamente del credito in
condizioni del genere nonostante tassi di interesse bassissimi come quelli
attuali. Quindi se fossimo di fronte realmente ad una crisi di sovrapproduzione
(o di sottoconsumo che è lo stesso) basterebbe rivitalizzare l’intervento di
sostegno statale in deficit come sostengono i keynesiani. Purtroppo tale
medicina non è nemmeno possibile immaginarla proprio perché ci troviamo di
fronte ad un indebitamento faraonico generalizzato.
E’ come se dessimo l’elemosina ad una persona che ha sempre
speso i suoi soldi per bere e pretendessimo che li usasse per mangiare (ne va
della sua vita) ed il tizio ricevuto il denaro andasse subito a comprare una
bottiglia. Non c’è niente da fare: per poter sopravvivere la speculazione deve
alimentare se stessa e tutte le disponibilità debbono essere deviate verso
quest’ultima. A voglia fare appello per un ritorno all’economia reale sostenuto
da economisti di destra, keynesiani e certi marxisti piuttosto confusi. Non
sanno questi signori che il declino negli investimenti in capitale fisso sta
durando da decenni e con esso la produttività? Non solo ma se si osserva
l’andamento del rapporto tra capitale fisso e numero di lavoratori (Grafico
reperibile dal BEA) si nota che declina dal 1950 al 2003 ed i picchi rilevati
nei singoli anni sono sempre più bassi. Tale andamento va a contrastare
definitivamente la tesi di coloro che alla Modugno vanno dicendo da anni che
ormai siamo in una fase “postfordista” nella quale il lavoro è immateriale.
Aggiungo che nonostante gli investimenti in new technology nei settori non
produttivi (nel senso classico) non è stato rilevato alcun aumento della
produttività con la sola eccezione del settore della finanza. La depressione in
atto è peggiore di quella del 29 e gli effetti sui lavoratori si faranno
sentire sempre di più. La disoccupazione ufficiale nei paesi OCSE ha superato
il 10% (in realtà se correggiamo i valori dovremmo raddoppiarla) e ne vedremo
delle belle (si fa per dire) nei prossimi anni, i salari reali sono in declino
da decenni, nonostante ciò i lavoratori, che costituiscono la stragrande
maggioranza della società, continuano a sostenere un sistema economico che non
è più in grado da molto tempo di garantire la riproduzione sociale. Sarà
difficile immaginare un sistema economico superiore (come da anni andiamo
sostenendo io ed altri pochi residuali del passato) visto il totale fallimento
dell’economia neandhertalliana dell’ex Unione Sovietica che ha completamente sputtanato
l’ipotesi di una società senza classi. Vivremo una regressione sociale ed
economica a meno che…