"No hay porvenir sin Marx. Sin la memoria y sin la herencia de Marx: en todo caso de un cierto Marx: de su genio, de al menos uno de sus espíritus. Pues ésta será nuestra hipótesis o más bien nuestra toma de partido: hay más de uno, debe haber más de uno." — Jacques Derrida

"Los hombres hacen su propia historia, pero no la hacen a su libre arbitrio, bajo circunstancias elegidas por ellos mismos, sino bajo aquellas circunstancias con que se encuentran directamente, que existen y les han sido legadas por el pasado. La tradición de todas las generaciones muertas oprime como una pesadilla el cerebro de los vivos. Y cuando éstos aparentan dedicarse precisamente a transformarse y a transformar las cosas, a crear algo nunca visto, en estas épocas de crisis revolucionaria es precisamente cuando conjuran temerosos en su auxilio los espíritus del pasado, toman prestados sus nombres, sus consignas de guerra, su ropaje, para, con este disfraz de vejez venerable y este lenguaje prestado, representar la nueva escena de la historia universal" Karl Marx

11/11/13

Sul cosiddetto ‘Capitolo sesto inedito’ di Karl Marx | Appunti di lettura e considerazioni critiche

 Giovanni Sgro’ 

1. Premessa

Il cosiddetto Capitolo sesto inedito rappresenta insieme ai Grundrisse  uno di quei manoscritti marxiani che nel corso degli anni Settanta del secolo scorso hanno avuto grande diffusione e notevole recezione in Francia, in Germania e anche in Italia, dove fu tradotto per la prima volta nel 1969 da Bruno Maffi per i tipi de La Nuova Italia[1] e fu poi oggetto di una fortunata serie di lezioni di Claudio Napoleoni (Torino, Bollati Boringhieri, 1972). Nel presente contributo cercherò di offrire una sorta di “percorso di lettura” personale (§ 3) del denso testo del Capitolo sesto, al fine di mettere in luce alcune caratteristiche specifiche della sua trama teorica e alcuni suoi elementi di grande attualità politica (§ 4). Prima di passare all’analisi specifica dei contenuti del Capitolo sesto, mi sembra opportuno collocarlo brevemente nel progetto marxiano di critica dell’economia politica (§ 2).

2. Il ruolo e la posizione del Capitolo sesto inedito nel progetto marxiano di critica dell’economia politica

I curatori del volume 4.1 della seconda sezione della MEGA2 hanno stabilito che il Capitolo sesto è stato scritto da Marx tra l’estate del 1863 e l’estate del 1864[2]: esso si colloca dunque all’altezza delterzo tentativo marxiano di esporre la sua critica dell’economia politica.
Come è noto, il primo tentativo è rappresentato dai sette quaderni del 1857/58, noti con il nome redazionale di Grundrisse, che non costituiscono però, a ben vedere, il primo abbozzo de Il capitale, bensì il primo tentativo di una esposizione complessiva dell’ambizioso progetto marxiano di critica dell’economia politica[3]. Nei Grundrisse si trova, infatti, una delle prime formulazioni del cosiddetto “piano dei sei libri”: 1) il capitale; 2) la proprietà fondiaria; 3) il salario; 4) lo Stato; 5) il commercio internazionale; 6) il mercato mondiale e le crisi[4].

Il secondo tentativo compiuto da Marx per esporre il suo progetto di critica dell’economia politica è rappresentato dai 23 quaderni del manoscritto del 1861-63, la cui parte centrale è occupata dalle cosiddette Teorie sul plusvalore che, a loro volta, non costituiscono il “quarto libro” de Il capitale, in quanto è solo a partire dal Capitolo sesto che Marx inizia a parlare di un progetto in quattro libri (da pubblicare in tre volumi) e, quindi, di un quarto libro da dedicare alla storia delle teorie economiche, che viene separata dall’esposizione teoretica vera e propria, secondo la falsariga di Per la critica dell’economia politica (1859), in cui ai capitoli teorici seguiva un’ampia ricostruzione della storia delle categorie economiche.

Il fatto che a partire dal 1863 incominci a prendere forma nella mente di Marx il progetto de Il capitale in tre volumi (suddivisi in quattro libri) non credo però che comporti, sia detto en passant, che Marx abbia abbandonato tout court la strutturazione del suo progetto di critica dell’economia politica secondo il piano originario dei sei libri. Data l’ampiezza e la complessità del progetto e considerate le sue precarie condizioni economiche e di salute, egli è stato sì costretto a rinunciare alla realizzazionepersonale di tale imponente progetto di ricerca, ma non necessariamente al piano dei sei libri che, a mio avviso, continua a mantenere inalterata la sua validità teorica.

Comunque sia, tra l’estate del 1863 e l’estate del 1864 Marx lavorò alla redazione de Il capitale in trevolumi (suddivisi in quattro libri). Inizia dal primo libro, del quale ci è rimasto appunto solo il Capitolo sesto, passa poi al terzo libro (di cui conclude il manoscritto principale) e, infine, al secondo libro (di cui scrive il primo manoscritto)[5].

Sulla base dell’indice della prima edizione a stampa (1867) del primo libro de Il capitale, si può ipotizzare che la struttura del primo libro nel manoscritto del 1863-65 potrebbe forse essere stata la seguente:
1.                La trasformazione di denaro in capitale
2.               La produzione del plusvalore assoluto
3.               La produzione del plusvalore relativo
4.               Ulteriori ricerche sulla produzione del plusvalore assoluto e relativo
5.               Il processo di accumulazione del capitale
6.               Risultati del processo di produzione inmediato
Il lavoro al manoscritto del primo libro si prolungò fino alla fine del 1865. Secondo il nuovo progetto dei quattro libri in tre volumi, Marx intendeva inizialmente pubblicare il primo ed il secondolibro insieme nel primo volume (processo di produzione immediato e sua mediazione nel processo di circolazione); il secondo volume doveva contenere il terzo libro (dedicato alle configurazioni del processo complessivo); il terzo volume avrebbe dovuto contenere il quarto libro dedicato alla storia della teoria (per la quale forse avrebbe attinto dai quaderni centrali del manoscritto del 1861-63).

Per tutta una serie di motivi estrinseci (la pubblicazione “anticipata” del solo primo libro quale primo volume)[6] e, soprattutto, di architettura teorica (l’argomento trattato nel Capitolo sesto non costituisce il passaggio al secondo libro, bensì l’oggetto del terzo libro)[7], tra la fine del 1866 e l’inizio del 1867 Marx decide di non utilizzare più il Capitolo sesto, che avrebbe dovuto fungere da “passaggio” dal primo al secondo libro nel primo volume e, anzi, in occasione della seconda edizione (1873) del primo libro elimina anche quelle poche righe riassuntive[8] presenti sull’ultima pagina della prima edizione (1867), che avrebbe potuto e dovuto servire da passaggio al secondo libro.

Da questa breve ricostruzione[9] emerge chiaramente la centrale importanza del Capitolo sesto, sia perché ci offre una sorta di “istantanea” dell’immane e diuturno lavoro di esposizione della critica dell’economia politica, che impegnò Marx per più di venti anni, sia perché rappresenta un “riassunto” del primo libro de Il capitale redatto dal suo stesso autore.

3. I risultati del processo di produzione immediato

Secondo quanto si legge all’inizio del Capitolo sesto[10], in esso sono trattati tre argomenti principali, o meglio, in esso sono esposti in forma sintetica i risultati del processo di produzione immediato: 
1) Merci come prodotto del capitale, della produzione capitalistica;
2) La produzione capitalistica è produzione di plusvalore;
3) Essa è, infine, produzione e riproduzione dell’intero rapporto attraverso il quale questo processo di produzione immediato si caratterizza come specificamente capitalistico (R, 895).
Su questi tre punti vorrei soffermarmi brevemente per presentare delle “note a margine” al denso testo del Capitolo sesto. Incominciamo per comodità espositiva con il primo punto.
3.1. Merci come prodotto del capitale
Un primo elemento che mi preme mettere in evidenza è il «corso circolare» (R, 895) dell’esposizione marxiana, il fatto cioè che si inizi con la merce, quale «forma elementare della ricchezza borghese» (R, 895; c.m.), e si termini con la merce, quale «risultato immediato del processo di produzione capitalistico» (R, 896; c.m.). Nel corso dell’esposizione, da un lato la merce «si manifesta come presupposto della costituzione del capitale» (R, 896; c.m.), dall’altro essa «si manifesta essenzialmente come il prodotto e il risultato del processo di produzione capitalistico» (R, 896; c.m.).

A mio avviso, qui Marx segue e mette all’opera quel metodo del salire dall’astratto al concreto che nella celebre ed egualmente incompiuta e non più utilizzata  Introduzione del 1857 egli designava come il «metodo scientificamente corretto»[11]: si parte dalla singola merce autonoma semplice in quanto astratta (dal lat. ab-traho), ovvero priva di ulteriori determinazioni , e si giunge attraverso un processo di concretizzazione (dal lat. cum-crescere), ovvero di arricchimento di ulteriori determinazioni, alla merce quale «prodotto e risultato del processo di produzione capitalistico», che non si presenta più come la «singola merce autonoma» (R, 901) da cui si era partiti (che in quanto risultato di un processo di astrazione non esiste concretamente nella sua autonomia), ma si manifesta ora fenomenicamente come una «massa di merci» (R, 901), ovvero – per citare l’incipit del primo libro de Il capitale – come una «immane raccolta di merci».

Tale «corso circolare» dell’esposizione, per cui si parte dalla «singola merce autonoma» e si giunge a una «massa di merci», è pienamente legittimo e coerente con l’analisi della forma di valore contenuta nel primo capitolo del primo libro de Il capitale, perché, a rigore, dire merce significa direnecessariamente merci, in quanto essere merce (la «forma» di merce) non è una proprietà “naturale” dei prodotti del Lavoro (con la maiuscola) o di un particolare tipo di lavoro concreto, è bensì la «forma sociale» che investe e riveste il «contenuto materiale», i prodotti non del lavoro en genéral, ma di una forma storicamente e socialmente determinata del lavoro, qual è appunto il lavoro che produce merci[12].

Il «corso circolare» dell’esposizione mostra, a mio avviso, come anche qui Marx segua la logica di derivazione o, if you like, di ispirazione hegeliana del presupposto/posto[13] e come la sua esposizione continui a situarsi sul livello della generalità/universalità del capitale, secondo il piano originario dei sei libri.

Come ha ben dimostrato Fineschi, il capitale in generale è il capitale diveniente, il capitale che sta ancora ponendo i propri presupposti, il capitale, cioè, che in base alle condizioni logiche di esistenza che lo precedono, costituisce e pone da sé i presupposti della propria esistenza. Una volta che il capitale ha posto i suoi stessi presupposti, esso è diventato capitale divenuto, cioè processo di produzione e di circolazione del capitale[14]. Infatti, alla fine del primo punto del Capitolo sesto, che nella edizione a stampa avrebbe dovuto fungere da Übergang (passaggio) dal primo al secondo libro, si legge:
Ma queste merci [quali prodotti del processo di produzione immediato, e non più la singola merce autonoma] sono adesso, al contempo, portatrici [Träger] del capitale; sono il capitale stesso valorizzato, gravido di plusvalore. E in questa relazione la loro circolazione [semplice delle merci], che adesso è, al contempoprocesso di riproduzione del capitale, implica ulteriori determinazioni che erano estranee all’astratta considerazione della circolazione di merci. Dobbiamo dunque considerare adesso la circolazione delle merci come il processo di circolazione del capitale (R, 924; c.m.).
Da questo, come da tanti altri passi, si evince come nell’esposizione del «concetto universale del capitale», che è il contenuto di tutti e tre i libri de Il capitale, vi sia all’opera un concetto di tempo di tipo non cronologico, bensì logico, un concetto di tempo interno e “sistemico”, in cui il prima e il dopo sono scanditi dalla Ent-wicklung, dallo s-volgimento e dis-piegamento dei concetti, o meglio, del concetto generale/universale di capitale che pone i propri presupposti e si dispiega sussumendo sotto di sé, facendoli diventare propri momenti o presupposti, tutti quegli elementi storici, economici ed extraeconomici che apparentemente sono altro dal capitale[15].

In conclusione: la prima parte del Capitolo sesto sulla merce come prodotto specifico del processo di produzione capitalistico permette di comprendere come la categoria di merce, con la quale inizia l’esposizione marxiana, sia una merce già capitalistica, ossia già determinata capitalisticamente, in quanto essa è il presupposto e, al contempo, il prodotto del processo di produzione capitalistico.

Un’attenta lettura della prima parte del Capitolo sesto (nonché della prima sezione del primo libro de Il capitale) permette quindi di mostrare l’inconsistenza della storicizzazione engelsiana della prima sezione del primo libro de Il capitale, nella quale si tratta della circolazione semplice delle merci e non di una presunta “produzione mercantile semplice”[16], che è una categoria coniata e introdotta da Engels nelle sue Considerazioni supplementari alla edizione del terzo libro de Il capitale da lui curata[17].
Nel Capitolo sesto la merce che compare alla fine dell’esposizione «si manifesta come parte meramente ideale del prodotto complessivo in cui si riproduce il capitale» (R, 902), ovvero, in fin dei conti, si manifesta come la «forma trasformata del capitale che ora si è valorizzato» (R, 902). Alla fine dell’esposizione la merce diviene (e si manifesta come) ciò che essa propriamente è: prodotto del capitale, anzi, «forma trasformata del capitale» stesso, parte aliquota del processo complessivo di produzione e circolazione delle merci:
La merce singola [presupposto del capitale] è, di fatto, un prodotto compiuto [posto dal capitale], alle cui spalle giace il processo della sua genesi [il processo della sua produzione, dal quale l’esposizione ha fatto all’inizio astrazione], nel quale è di fatto tolto [aufgehoben] il processo [lavorativo] attraverso il quale un particolare lavoro utile si è incarnato, oggettualizzato in esso [nel prodotto-merce]. Nel processo di produzione la merce diviene [ciò che essa propriamente è: Träger (portatrice) del valore che valorizza se stesso, ovvero del capitale]. Come prodotto essa è costantemente respinta dal processo [di produzione nel processo di circolazione delle merci], così che il prodotto stesso [la merce] si manifesta solo come un momento [astratto, se considerato autonomamente] del processo [complessivo di produzione e circolazione delle merci] (R, 930).
3.2. La produzione capitalistica è produzione di plusvalor
Veniamo ora brevemente al secondo punto dell’esposizione marxiana nel Capitolo sesto. Da quanto sostenuto fin qui si potrebbe forse dedurre che lo scopo della produzione capitalistica sia semplicemente produrre una grande massa di merci. E invece non è proprio così: l’«immane raccolta di merci» è, in realtà, solo la forma fenomenica in cui si manifesta (erscheint) la ricchezza creata dal capitale.

Lo scopo specifico e determinante della produzione capitalistica è di produrre e riprodurre se stessa, di produrre e riprodurre continuamente il rapporto di capitale, qui determinato a un livello ancora molto astratto dell’esposizione quale plusvalore, valore che crea maggior valore:
La produzione di plusvalore, la quale implica la conservazione del valore originariamente anticipato, si manifesta quindi come lo scopo determinante, l’interesse propulsivo e il risultato finaledel processo di produzione capitalistico, come ciò grazie al quale il valore originario è trasformato in capitale [ovvero in un valore maggiore, in plusvalore, in valore che valorizza ed accresce se stesso] (R, 926).
L’autovalorizzazione del capitale – la creazione di plusvalore – è, quindi, lo scopo determinante, dominante e unificante [übergreifende] del capitalista, l’impulso e il contenuto assoluti del suo agire (R, 942).
La massa di merci (come risultato della produzione) vale qui quale portatrice del valore di scambio (in seguito Marx preciserà che si tratta del «valore») del capitale, ovvero del valore che valorizza se stesso, indipendentemente dal corpo materiale delle merci (sia esso oro, zucchero o letame).
3.3. La merce quale produzione e riproduzione dell’intero rapporto di capitale
Ma c’è di più, e veniamo con ciò al terzo punto. Il capitale non solo produce e riproduce continuamente se stesso, ma, secondo la propria logica immanente, deve accrescersi, ovvero deve riprodursi su scala sempre più ampia. Per prodursi e riprodursi, il capitale deve poi porre continuamente anche i propri presupposti, la propria linfa vitale, ovvero il lavoro vivo:

Il capitale non produce quindi solo capitale, esso produce una crescente massa di lavoratori, la materia solo grazie alla quale esso può funzionare come capitale aggiuntivo. […] La produzione capitalistica non è solo riproduzione del rapporto, è la riproduzione di esso su scala sempre crescente e nella stessa misura in cui, con il modo di produzione capitalistico, si sviluppa la forza produttiva sociale del lavoro, cresce la ricchezza accumulata torreggiante di fronte al lavoratore – come ricchezza che lodomina, come capitale –, si espande di fronte a lui il mondo della ricchezza come un mondo che gli è estraneo e che lo domina e, nella stessa proporzione, si sviluppa in opposizione la sua soggettiva povertà, indigenza e dipendenza. Il suo svuotamento e quella pienezza si corrispondono, vanno di pari passo. Al contempo aumenta la massa di questi mezzi di produzione vivi del capitale, il proletariato che lavora (R, 1015-1016).

Da questa ampia e pregnante citazione dal sapore indubbiamente “giovanile”, in quanto richiama, quasi letteralmente, l’analisi del lavoro estraniato dei Manoscritti economico-filosofici del 1844, anche se si situa, ovviamente, in un altro “campo teorico” di riferimento ed è condotta con altri strumenti euristici , possiamo, a mio avviso, ricavare due notevoli indicazioni teorico-politiche, che in questa sede mi limito solo ad accennare:
1) Il processo di accumulazione del capitale e di produzione dell’esercito industriale di riserva non è posto ideologicamente come un “mito delle origini” del modo di produzione capitalistico, ma rappresenta la dura realtà quotidiana. Detto in altri termini: l’accumulazione non è originaria, èquotidiana e permanente, perché quotidianamente e permanentemente il capitale deve produrre e porre i presupposti della sua esistenza, e ciò su scala sempre più allargata[18].
2) È nel rapporto di sfruttamento del lavoro salariato da parte del capitale che si cela, a mio avviso, il nucleo “politico” de Il capitale, il quale non è un’opera im-mediatamente politica, ma tratta, nel primo libro, ad un livello necessariamente alto di astrazione[19], anche del rapporto “politico”, ovvero di sovraordinazione e subordinazione, tra capitalista e lavoratore salariato, e della lotta della classe dei lavoratori contro la classe dei capitalisti[20].
4. Specificità e attualità del Capitolo Sesto

Oltre a quanto sopra brevemente delineato, vi sono poi alcuni elementi specifici che conferiscono alCapitolo sesto una sorta di autonoma “dignità teorica”, di portata tale da poterlo considerare ed utilizzare anche come un’utile integrazione all’analisi svolta nel primo libro de Il capitale, e non solo semplicemente come un manoscritto preparatorio.

Di seguito mi limiterò a passare brevemente in rassegna solo alcuni dei temi che nel Capitolo sestosono trattati in modo più ampio e approfondito rispetto al primo libro de Il capitale. Si tratta di elementi che mettono ben in luce la grande attualità dell’analisi contenuta nel Capitolo sesto[21] e che forniscono degli strumenti utili per criticare la lettura storicistica de Il capitale, oggi in gran parte ancora dominante[22].

Una delle prime specificità del Capitolo sesto rispetto a Il capitale consiste nella più ampia trattazione della distinzione tra sussunzione formalistica e sussunzione reale del lavoro sotto il capitale (cfr. R, 970-991). Tali forme di sussunzione – così come le corrispondenti sezioni su cooperazione, manifattura e grande industria del primo libro de Il capitale – non andrebbero lette, a mio avviso, storicisticamente, secondo il prima e il dopo cronologico, quali due modi storicamente distinti di organizzazione del lavoro, alle quali corrisponderebbero le forme di estrazione del plusvalore assoluto e relativo, ma come forme sempre compresenti ancora oggi nelle diversi parti del mondo. È, infatti, a seconda del milieu historique, dello specifico contesto economico e giuridico locale in cui si trova ad operare, che il capitale decide quale forma di sfruttamento è più “razionale”, vale a dire quale forma di sfruttamento gli permette e gli assicura una maggiore valorizzazione.

Molto più ampia e articolata rispetto a Il capitale è nel Capitolo sesto anche la distinzione tra lavoro produttivo e lavoro improduttivo (cfr. R, 991-1003). Marx sottolinea a più riprese, e con vari esempi, che è produttivo ogni tipo di lavoro che produce plusvalore, ovvero che accresce il capitale. Tali considerazioni inducono a ritenere che il termine Arbeiter debba essere inteso non storicisticamente come l’operaio di fabbrica, bensì più generalmente come qualsiasi lavoratore che sia stato sussunto sotto il rapporto di capitale. Ciò perché, se l’operaio di fabbrica è una figura storica e storicamente molto rilevante della “guerra civile” tra lavoro salariato e capitale, concepire l’Arbeiter come ognilavoratore permette di uscire dalla prospettiva della fabbrica per estendere le potenzialità dell’analisi marxiana anche alle altre forme di lavoro, quali il lavoro cognitivo, affettivo, immateriale, creativo, comunicativo ecc., che sono state oramai tutte sussunte realmente sotto il rapporto di capitale.


Note

[1] Una seconda traduzione italiana, molto più attenta alla lettera del testo marxiano, è quella di Mauro Di Lisa (Roma, Editori Riuniti, 1984), con una bella introduzione di Nicola Badaloni. Entrambe queste traduzioni italiane sono state condotte sulla prima edizione del Capitolo sesto inedito, pubblicato nell’«Arkhiv Marska i Engel’sa [Archivio Marx ed Engels]», tomo II (VII), 1933, pp. 4-229, che conteneva il testo originale tedesco con traduzione russa a fronte. Una terza traduzione, condotta sul testo stabilito dalla MEGA2, è ora disponibile nel secondo tomo della nuova edizione italiana del primo libro de Il capitale, in cui è contenuta inter alia l’intera parte superstite del Manoscritto 1863-65,concernente il primo libro. Si tratta di tre blocchi di testo: alcune pagine singole, il capitolo sesto ed alcune note sparse. La traduzione è di Giovanni Sgro’ ed è stata rivista insieme al curatore della nuova edizione (Roberto Fineschi), tenendo conto non solo delle due precedenti traduzioni italiane, ma anche delle traduzioni inglesi di R. Livingstone (apparsa in appendice all’edizione Penguin del primo libro de Il capitale, London, 1990) e di Fowkes (nel vol. 34 dei Collected Works di Marx ed Engels, New York, International Publishers, 1994), così come di quella francese di R. Dangeville (Paris, Union générale d’Éditions, 1971).
[2] Come è noto, con l’acronimo MEGA2 si indica la seconda edizione storico-critica delle opere complete di Marx ed Engels in lingua tedesca: K. Marx – F. Engels, Gesamtausgabe, hrsg. vom Institut für Marxismus-Leninismus, Berlin/Moskau, Dietz Verlag, 1975 ss. (dal 1990: hrsg. von der Internationalen Marx-Engels-Stiftung, Berlin, Akademie Verlag). Sulla storia della MEGA2 e per una presentazione del progetto complessivo si vedano i contributi in Alessandro Mazzone (a cura di),MEGA2: Marx ritrovato grazie alla nuova edizione critica, Roma, Edizioni Mediaprint, 2002, nonché Roberto Fineschi, Marx dopo la nuova edizione storico-critica (MEGA2), in «Marxismo oggi», 1999, n. 1-2, pp. 199-239; Id. / Malcolm Sylvers, Novità dalla MEGA. La grande edizione storico-critica va avantiivi, 2003, n. 1, pp. 87-129; R. Fineschi, Novità dalla MEGAivi, 2008, n. 1, pp. 49-62; Id., Un nuovo Marx. Filologia e interpretazione dopo la nuova edizione storico-critica, Roma, Carocci, 2008, pp. 9-23 e 222-226. Al riguardo mi permetto di rinviare anche a G. Sgro’, La MEGA2 e dintorni, in «Marxismo oggi», 2008, n. 1, pp. 63-81; Id., La MEGA-impresa. A proposito di un recente contributo critico sulla Marx-Engels-Gesamtausgabe, «Logos», nuova serie, n. 2-3 (2007-2008), pp. 355-363.
[3] Secondo Michael Heinrich, lo stesso titolo della seconda sezione della MEGA2 (Il capitale e i lavori preparatori) è fuorviante, in quanto presuppone che Il capitale fosse l’opera che Marx aveva in mente fin dal 1857 e che, di conseguenza, i manoscritti economici del 1857/58, del 1861-63 e del 1863-65 non fossero altro che “tappe” orientate teleologicamente verso la realizzazione di quel fine. Cfr. M. Heinrich, Entstehungs- und Auflösungsgeschichte des Marxschen „Kapital“, in W. Bonefeld / M. Heinrich (Hrsg.), Kapital & Kritik. Nach der „neuen“ Marx-Lektüre, Hamburg, 2011, pp. 155-193.
[4] Sull’importanza metodologica del piano dei 6 libri, sulle sue trasformazioni e sul destino della categoria di „capitale in generale“, non posso in questa sede che rinviare ai seguenti fondamentali studi: Winfried Schwarz, Vom „Rohentwurf“ zum „Kapital“. Die Strukturgeschichte des Marxschen Hauptwerkes, Berlin (West), 1978; Wolfgang Jahn / Roland Nietzold, Probleme der Entwicklung der Marxschen politischen Ökonomie im Zeitraum von 1850 bis 1863, in «Marx-Engels-Jahrbuch», 1. (1978), pp. 145-174; W. Jahn, Zur Entwicklung der Struktur des geplanten ökonomischen Hauptwerkes von Karl Marx, in «Arbeitsblätter zur Marx-Engels-Forschung», 1986, pp. 6-44; Id., Ist „Das Kapital“ ein Torso? Über Sinn und Unsinn einer Rekonstruktion des ‚6-Bücherplanes’ von Karl Marx, in «Dialektik», 1992, Heft 3, pp. 127-138; A.M. Kogan, Zur Frage der Methodologie des Planes der sechs Bücher von Karl Marx, in «Arbeitsblätter zur Marx-Engels-Forschung», 1986, pp. 56-80; R. Fineschi, Ripartire da Marx. Processo storico ed economia politica nella teoria del «capitale», Napoli, La città del sole, 2001, pp. 217-259 e 416-422; M. Heinrich, Die Wissenschaft vom Wert. Die Marxsche Kritik der politischen Ökonomie zwischen wissenschaftlicher Revolution und klassischer Tradition, 3. überarbeitete und erweiterte Auflage, Münster, 2003, pp. 179-195.
[5] Tutti i manoscritti e le opere a stampa di Marx sulla critica dell’economia politica sono ora disponibili nella seconda sezione della MEGA2. Per un’analisi dettagliata rimando a R. Hecker, La seconda sezione della MEGA2 verso il completamento, in A. Mazzone (a cura di), MEGA2: Marx ritrovato grazie alla nuova edizione critica, cit., pp. 49-68; R. Fineschi, Il Capitale dopo la nuova edizione storico-critica. Pubblicazione e teoria, in «Marxismo oggi», n. 2, 2003, pp. 156-168; Id., Le edizioni del I libro del Capitale, in «Quaderni materialisti», 2. (2003), pp. 165-183; Id., Un nuovo Marx, cit., pp. 62-129; Id., Il secondo libro del Capitale dopo la MEGA2. Saggio sui volumi MEGA2 II/11, II/12 e II/13, in «Marxismo oggi», XXIII (2010), n. 3, pp. 32-47.
[6] Secondo Vollgraf, il primo libro de Il capitale è stato pubblicato da Marx (nel 1867) dopo un notevole travaglio interiore, che lo ha spinto a pubblicarlo come un “tutto autonomo” e a modificarne la struttura originaria, sovraccaricandolo di materiale empirico, statistico, storico e in parte anche di storia della teoria economica, materiale che originariamente non era affatto previsto per il primo volume, bensì per quelli successivi. Cfr. C.-E. Vollgraf, Marx’ erstmals veröffentlichte Manuskripte zum 2. und 3. Buch des Kapital von 1867/68 im MEGA²-Band II/4.3. Zu neuralgischen Punkten in der Ausarbeitung des Kapital [I manoscritti di Marx del 1867/8 per il secondo e il terzo libro del Capitale, pubblicati per la prima volta nel vol. II/4.3 della MEGA2. I punti nevralgici della eleborazione delCapitale], in R. Hecker et alii (a cura di), Das Kapital und Vorarbeiten. Entwürfe und Exzerpte [IlCapitale e i lavori preparatori. Abbozzi ed estratti], «Beiträge zur Marx-Engels-Forschung. Neue Folge», 2010, pp. 77-116 (p. 101).
[7] I problemi relativi alla realizzazione effettuale o meno della massa di merci prodotta è, infatti, argomento specifico della teoria della concorrenza, che può essere adeguatamente esposta solo dopo il raggiungimento del rapporto tra capitale e profitto, che si trova nel secondo capitolo del terzo libro (capitolo 10 della seconda sezione, nella versione a stampa di Engels), in cui viene introdotta la categoria di valore di mercato. Nel secondo libro la questione della realizzazione effettuale della massa di merci prodotta dal singolo capitale, e quindi della merce singola come parte aliquota della massa di merci, è ancora sospesa, in quanto ancora per tutto il processo di circolazione e di rotazione del capitale si continua a fare astrazione dagli attriti e dalle controtendenze del movimento reale. Si veda al riguardo più dettagliatamente R. Fineschi, Un nuovo Marx, cit., pp. 99-102.
[8] «Il risultato immediato della produzione capitalistica è merce, anche se merce gravida di plusvalore. Siamo dunque scaraventati indietro al nostro punto di partenza e con esso alla sfera della circolazione. Ciò che tuttavia dobbiamo trattare nel libro successivo non è più la circolazione semplice delle merci, bensì il processo di circolazione del capitale» (MEGA2, sez. II, vol. 5, p. 619).
[9] Per una ricostruzione più approfondita degli sviluppi del progetto marxiano di critica dell’economia politica dai Grundrisse (1857/1858) fino alla pubblicazione del primo libro de Il capitale (1867), si veda R. Fineschi, Un nuovo Marx, cit., pp. 86-107.
[10] Nel corso del presente contributo si utilizzerà per l’edizione italiana di riferimento la seguente sigla: R = Karl Marx, Manoscritto economico 1863-1865. Il capitale. Libro primo. Il processo di produzione del capitale. Capitolo sesto. Risultati del processo di produzione immediato, trad. it. di Giovanni Sgro’ in Karl Marx – Friedrich Engels, Opere complete, vol. XXXI: Karl Marx, Il capitale. Libro primo. Il processo di produzione del capitale (1863-1890), a cura di R. Fineschi, Napoli, La città del sole, 2012, tomo II, pp. 875-1027. Nelle citazioni testuali si indicherà la sigla seguita dal solo numero della pagina di riferimento (esempio: R, 933). I corsivi da me aggiunti nelle citazioni marxiane saranno indicati con l’abbreviazione c.m. = corsivo mio. I miei interventi (modifiche, omissioni, interpolazioni) nelle citazioni saranno riportati tra parentesi quadre.
[11] Su questi temi spero mi sia concesso di poter rinviare a G. Sgro’, Die dialektisch-materialistische Methode der Marxschen Kritik der politischen Ökonomie. Stichworte zu einer unendlichen Geschichte[Il metodo dialettico-materialistico della marxiana critica dell’economia politica. Appunti su una storia infinita], in Stefan Müller (a cura di), Probleme der Dialektik heute, Wiesbaden, VS Verlag für Sozialwissenschaften, 2009, pp. 201-227; G. Sgro’, Vom Abstrakten zum konkreten „historischen Milieu“. Zur An- und Verwendbarkeit der Marxschen Analyse der kapitalistischen Produktionsweise[Dall’astratto al concreto „milieu historique“. Sulla applicabilità ed utilizzabilità dell’analisi marxiana del modo di produzione capitalistico], in G. Grözinger (Hrsg.), Entfremdung – Ausbeutung – Revolte.Karl Marx neu verhandelt, Marburg, 2012, pp. 167-182 (= Jahrbuch Ökonomie und Gesellschaft, Bd. 24).
[12] Per un’analisi più dettagliata rimando a R. Fineschi, Ripartire da Marx, cit., pp. 41-78.
[13] Sulla logica del presupposto/posto cfr. Roberto Finelli, La scienza del “Capitale” come «circolo del presupposto-posto». Un confronto con il decostruzionismo, in M. Musto (a cura di), Sulle tracce di un fantasma. L’opera di Karl Marx tra filologia e filosofia, Roma, Manifestolibri, 2005, pp. 211-223; R. Fineschi, Marx e Hegel. Contributi a una rilettura, Roma, Carocci, 2006, pp. 153-163.
[14] Cfr. al riguardo i fondamentali studi di R. Fineschi, Ripartire da Marx, cit.; Id., Marx e Hegel, cit.,pp. 127-178; Id., Un nuovo Marx, cit., pp. 80-156; Id., I quattro livelli di astrazione del concetto marxiano di «capitale», in Riccardo Bellofiore e R. Fineschi (a cura di), Marx in questione. Il dibattito“aperto” dell’International Symposium on Marxian Theory, Napoli, La città del sole, 2009, pp. 279-311.
[15] Si veda al riguardo l’importante saggio di A. Mazzone, La temporalità specifica del modo di produzione capitalistico, in Marx ed i suoi critici, a cura di L. Sichirollo, D. Losurdo e G. M. Cazzaniga, Urbino, Quattroventi, 1987, pp. 224-260 e gli studi di Fineschi citati nella nota precedente.
[16] Cfr. Nadja Rakowitz, Einfache Warenproduktion. Ideal und Ideologie, Freiburg i.Br., 2000; R. Fineschi, Ripartire da Marx, cit., pp. 143-145; Id., Un nuovo Marx, cit., pp. 54-55.
[17] Per una discussione analitica del lavoro editoriale svolto da Friedrich Engels sul materiale originale di Marx per il terzo volume de Il capitale si veda C.-E. Vollgraf, Engels’ Kapitalismus-Bild und seine inhaltlichen Zusätze zum dritten Band des Kapital [La visione engelsiana del capitalismo e le sue aggiunte contenutistiche al terzo volume del Capitale], in Rolf Hecker et alii (a cura di), Neue Aspekte von Marx’ Kapitalismus-Kritik [Nuovi aspetti della critica marxiana del capitalismo], «Beiträge zur Marx-Engels-Forschung. Neue Folge», 2004, pp. 7-53.
[18] Sulle diverse letture del processo di accumulazione si vedano i contributi in Devi Sacchetto – Massimiliano Tomba (a cura di), La lunga accumulazione originaria. Politica e lavoro nel mercato mondiale, Verona, ombre corte, 2008; Sandro Mezzadra, La «cosiddetta» accumulazione originaria, in AA. VV., Lessico marxiano, Roma, Manifestolibri, 2008, pp. 23-52; M. Tomba, Strati di tempo. Karl Marx materialista storico, Milano, Jaca Book, 2011, pp. 261-276.
[19] Particolarmente attento al problema della mediazione dialettica tra i diversi livelli di astrazione della critica marxiana del modo di produzione capitalistico è il volume di R. Fineschi, Un nuovo Marx, cit., il cui terzo capitolo (pp. 130-156) si intitola significativamente Per una teoria politica ispirata al Capitale e non Per una teoria politica derivata dal Capitale.
[20] Sul “carattere di classe” dell’opera scientifica di Marx si vedano Luca Basso, Socialità e isolamento: la singolarità in Marx, Roma, Carocci, 2008, pp. 21-23, 33, 82, 130-136, 141-142; Id.,Agire in comune. Antropologia e politica nell’ultimo Marx, Verona, ombre corte, 2012, pp. 27-29, 149, 152-156 e 166; M. Tomba, Strati di tempo, cit., pp. 82, 92 e 126-133. Per una presentazione e discussione delle opere di Basso e di Tomba spero mi sia concesso di poter rinviare a G. Sgro’, Un Marx “singolare”. Osservazioni su una recente lettura dell’opera di Karl Marx, in «Logos. Rivista di Filosofia», n. 8 (2013), pp. 289-299; Id., Dialettica, prassi e concezione materialistica della storia. Su alcune recenti letture italiane di Marx, in R. Fineschi – Tommaso Redolfi Riva – G. Sgro’ (a cura di),Karl Marx 2013, «Il ponte», LXIX (2013), nn. 5-6 (maggio-giugno 2013), pp. 264-285 (in part. pp. 273-283).
[21] Si veda al riguardo anche Toni Negri, Spunti di “critica preveggente” nel Capitolo VI inedito di Marx, UniNomade, 28/08/2012: http://www.uninomade.org/critica-preveggente-capitolo-sesto/.
[22] Per un approfondimento di tali questioni rimando a R. Fineschi, Un nuovo Marx, cit., pp. 142-156.

◆ El que busca, encuentra...

Todo lo sólido se desvanece en el aire; todo lo sagrado es profano, y los hombres, al fin, se ven forzados a considerar serenamente sus condiciones de existencia y sus relaciones recíprocasKarl Marx

Not@s sobre Marx, marxismo, socialismo y la Revolución 2.0

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Minou Petrovski: Pourquoi Raoul Peck, cinéaste haïtien, s’intéresse-t-il à la jeunesse de Karl Marx en 2017? — HuffPost
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Matteo Bifone: Oltre Il Capitale. Verso una teoria della transizione, a cura di R. Mapelli — Materialismo Storico
Gabriel Vargas Lozano, Hillel Ticktin: István Mészáros: pensar la alienación y la crisis del capitalismo — SinPermiso
Carmen Bohórquez: István Mészáros, ahora y siempre — Red 58
István Mészáros: Reflexiones sobre la Nueva Internacional — Rebelión
Ricardo Antunes: Sobre "Más allá del capital", de István Mészáros — Herramienta
Francisco Farina: Hasta la Victoria: István Mészáros — Marcha
István Mészáros in memoriam : Capitalism and Ecological Destruction — Climate & Capitalism.us