Fulvio Papi
Cerchiamo di
mettere in luce, riassumendoli, alcuni temi centrali della “Filosofia del diritto” di Hegel scritta
nel 1820 quando aveva la cattedra di filosofia all’Università di Berlino. Gli
studiosi di Hegel hanno spesso considerato i famosi scritti jenensi di Hegel
dal 1801 al 1806 come precedenti importanti della “Fenomenologia dello Spirito” del 1808 come della “Filosofia del diritto”, anzi questi
scritti giovanili mostrano spesso una ricchezza tematica più ampia delle
successive opere a stampa. Inoltrarci in questa ricchissima selva filosofica
vorrebbe dire perdere di vista la strada teorica che Hegel ha poi codificato
come sua filosofia resa pubblica. Tuttavia su un tema molto generale si può
trovare una linea di continuità.
G.H.F. Hegel & Karl Marx ✆ David Levine |
Hegel,
all’inizio dell’Ottocento, conosceva le opere di Ferguson, sociologo e storico,
Say, Smith, Ricardo, e classici della economia politica. Questa conoscenza ha
portato a ritenere che Hegel, avendo nozione di queste opere, avesse anche una
immagine teorica della società “borghese” che stava nascendo su una base
capitalistica. Detta così questa proposizione non è vera. E qui è necessaria
una considerazione generale intorno a che cosa sia la conoscenza di opere e
quale senso esse possano avere in un tessuto interpretativo.
Hegel, per
esempio, aveva certamente conosciuto bene i concetti di lavoro, di divisione
sociale del lavoro, dello scambio come forma della razionalità economica, ma
non aveva compreso che questi concetti erano il riflesso intellettuale di una
trasformazione del mondo che, in prospettiva, avrebbe rovesciato completamente
il rapporto tra economia e struttura e potere politico.
Per Hegel la dimensione
economica non aveva affatto questa potenzialità, anzi (come avevo accennato in
precedenza) era regolata dalla struttura politica che riconosceva all’essere
umano, alla sua natura, il bisogno, l’alimentazione, la difesa delle numerose
possibilità oppressive del mondo, e il godimento sessuale. L’uno e l’altro,
tuttavia, compresi in una antropologia che certamente riconosceva la materialità
dell’esistenza, ma la sottoponeva alla superiore legislazione dello Spirito che
aveva la sua realtà oggettiva nella forma dello stato politico.