1/1/17

Si può leggere ‘Il Capitale’ di Marx a partire dalle ‘Tesi su Feuerbach’?

Wolfgang Fritz Haug

Friedrich Engels, Karl Marx & Ludwig Feuerbach
Cercheremo qui di abbattere i muri che agli occhi di molti impediscono alla filosofia della prassi di introdursi nel regno del Marx più maturo. Il primo di questi muri è stato eretto tra le Tesi su Feuerbach e la critica dell’economia politica; un secondo tra il giovane Marx e il Marx maturo, con la conseguenza della nascita di una specie di dualismo marxologico; un terzo muro, infine, è stato costruito tra la società e la natura.

Se riusciremo a sospendere la quarantena nella quale gli strutturalisti hanno rinchiuso le Tesi su Feuerbach, il sarcasmo di Althusser dovrà cessare e la filosofia della prassi non sarà più «la bella conversazione notturna dei nostri leoni intellettuali da salotto»2. Non si potrà più dire allora, con il filosofo francese, che «il primato della prassi è la prima parola di ogni idealismo». E vacillerà anche l’ultima separazione, quella tra la società, o la cultura, e la natura.
Nella bocca del lupo economico: l’asse metodológico
Althusser arriva alla conclusione per cui le Tesi non possono essere utilizzate come punto di partenza della filosofia marxista. Questa, dice, «dovrà cercare il suo punto di partenza in un altro luogo, […] per poter partecipare da lontano alla trasformazione del mondo. Se si assume ciò, le Tesi su Feuerbach tornano al loro glorioso passato e finalmente si può parlare di un’altra cosa: di Per la critica dell’economia politica, dei Grundrisse, del Capitale».

Ebbene, facciamolo! Parliamo pure del Capitale! E facciamolo a partire dalla seguente domanda: come si pongono in relazione le Tesi su Feuerbach con la critica dell’economia politica?

Mi posi per la prima volta questa domanda quasi quaranta anni or sono. Me l’ero proposta come compito in una situazione cruciale per la Nuova Sinistra, non solamente in Germania: nel momento, cioè, in cui la rivoluzione culturale del ’68, che aveva avuto una portata pressoché mondiale, iniziava a riflettere sulle condizioni dei propri possibili e non effimeri effetti. A quell’epoca ero un giovane docente laureato alla Freie Universität di Berlino, che aveva già pubblicato due libri ávidamente letti e messi in pratica dal movimento del ’68: una critica del carattere poco più che retorico dell’antifascismo borghese e la Critica dell’estetica delle merci, che metodologicamente poggiava sul Capitale di Marx3. Per questa ragione ero stato invitato da studenti e docenti dell’Università di Marburgo a impartire un seminario sull’industria culturale. Per poter studiare la teoria di Max Horkeimer e Theodor W. Adorno e il suo oggetto reale, infatti, era necessaria un’introduzione alla lettura de Il capitale.

Fu quella la mia prima esperienza come professore ospite e fu un’esperienza duratura. Quando tornai a Berlino offrii anche nella Freie Universität un’introduzione a Il capitale. A questo corso si iscrissero circa 700 studenti e non pochi giovani docenti. Riuscii a liberarmi della metà degli aspiranti assicurando che nel semestre successivo avrei ripetuto il corso apposta per loro e mi ritrovai così dentro una congiuntura che cambiò il corso della mia vita.

Adolfo Sánchez Vásquez ha detto che gli scritti di Togliatti sono figli delle circostanze4. Ebbene, tale fu anche la sorte del mio libro Lezioni di introduzione alla lettura de “Il capitale”, che nacque da quell’impegno nel 1974 (nel 1978 uscì in spagnolo a Barcellona, tradotto dal gruppo “Materiales”, raccolto attorno a Manuel Sacristán Luzón). Quel libro, nato dall’incontro di un movimento di massa con la teoria del Capitale di Marx, fu poi riscritto tre volte nei primi anni. E l’ho riscritto per una quarta volta nel 2005, dopo la grande delusione del movimento, rinforzata dal crollo del socialismo di Stato in Europa e già ben dentro l’epoca del capitalismo transnazionale higtech 5. Adesso costituisce il primo volume della mia trilogia sul Capitale, fondata sull’idea di una filosofia della prassi.

Il progetto di una rilettura del Capitale a partire dalle Tesi su Feuerbach mi ha condotto a una reinterpretazione di queste opere così differenti: la minore, come aveva osservato Georges Labica, commentata da un’ampia letteratura critica al pari di certi frammenti dei presocratici, nonostante la sua ridotta mole6; e la maggiore, un colosso teorico di migliaia di pagine. E fu proprio nel corso della rilettura dell’opera maggiore dal punto di vista della minore che diverse pareti divisorie furono abbattute. A parte quelle già menzionate – tra le Tesi e Il capitale, o tra il Marx giovane e quello maturo - si trattava in primo luogo della relazione tra la libertà umana e la necessità economica da una parte e della separazione tra l’elemento umanoculturale e quello naturale dall’altra. Come nella costruzione delle gallerie, in cui si perfora la montagna da entrambi i versanti fino a quando i due scavi si incontrano e il passaggio è aperto, infatti, mi sembrava e mi sembra tuttora necessario intraprendere questo compito da entrambi i lati.

Dal lato del Capitale il compito prefissato impone di discutere del metodo. In primo luogo, “metodo” significa qui filo conduttore che collega le singole tesi, il percorso che conduce da ciascuna alla seguente, più complessa, e che assegna a quest’ultima il suo valore epistemico.

Marx chiama il suo modus operandi «il mio metodo dialettico». Cosa significa? Con Althusser possiamo dire che nonostante il fatto che Marx avesse ereditato «da Hegel la parola e l’idea della dialettica, non poteva avere accolto questa dialettica doppiamente mistificata» 7, ma aveva dovuto affrontarne una rifondazione sul terreno storico-materialistico. Concordo con Althusser anche sul fatto che questa impresa non è stata da Marx sufficientemente teorizzata. A proposito del modo in cui la si debba teorizzare, i nostri cammini però divergono.

La necessità di rifondare la dialettica su un terreno storicomaterialistico conduce a un’altra questione: questo terreno esisterebbe anche senza la dialettica marxiana? In altre parole: non è possibile che la rifondazione materialistica della dialettica non sia altro che la fondazione del materialismo storico? Vedremo che la risposta a questa domanda non può che articolarsi con il concetto di prassi. Che cosa dice Marx parlando della sua dialettica? Beninteso, questa domanda deve ora essere indirizzata al Marx “maturo”. Una prima risposta la si trova nel Poscritto alla seconda edizione de Il capitale. Qui, come è noto, Marx afferma che è necessario concepire «ogni forma divenuta nel fluire del movimento»8. Questo è il nucleo della sua definizione di dialettica e come tale esso è di una chiarezza quasi cristallina. Qui nasce però la domanda successiva: come si concepisce un fenomeno sviluppato «nel fluire del movimento»?

Nella ricerca di una formula che ci spieghi questa definizione, ci imbattiamo d’un tratto in una nota a pie’ di pagina nel capitolo su Macchine e grande industria. Qui Marx auspica una storia critica della tecnologia e sorprendentemente stabilisce un parallelo tra il problema metodologico di questa storia e il problema analogo della storia della religione:
«Di fatto è molto più facile trovare mediante l’analisi il nocciolo terreno delle nebulose religiose che, viceversa, dedurre dai rapporti reali di vita, che di volta in volta si presentano, le loro forme incielate. Quest’ultimo è l’unico metodo materialistico e quindi scientifico» 9.
Ecco una seconda sorpresa: in questa nota Marx ripete la regola metodologica delle Tesi su Feuerbach, mettendola anche in questo caso in relazione alla religione. Lì, nella Quarta Tesi, Marx riconosceva che il «lavoro» di Feuerbach è consistito nel «risolvere [analiticamente, W.F.H.] il mondo religioso nel suo fondamento mondano». Tuttavia, a questo punto la cosa principale rimane ancora da fare. E infatti Marxproseguiva: «Il fatto che il fondamento mondano si distacchi da se stessa e si costruisca nelle nuvole come un regno fisso ed indipendente, è da spiegarsi soltanto con l’auto-dissociazione e con l’autocontraddittorietà di questo fondamento mondano »10.

Quest’ultimo punto, che tocca la questione principale, vent’anni dopo, nel Capitale, Marx lo applica alla tecnologia: «La tecnologia svela il comportamento attivo dell’uomo verso la natura», dice. Svela cioè «l’immediato processo di produzione della sua vita, e con esso anche l’immediato processo di produzione dei suoi rapporti sociali vitali e delle idee dell’intelletto che ne scaturiscono»11. Notiamo, di passaggio, che qui, ove si tratta del processo di produzione e riproduzione immediato della nostra esistenza, entra in gioco la natura. Tornerò su questo punto tra breve, chiedendomi come la natura entri nella filosofía della prassi e che cosa questa entrata significhi per l’umanesimo di questa filosofia. Per il momento, notiamo però che la chiave che per il Marx de Il capitale dà accesso ai fenomeni «nel fluire del movimento», secondo la formula che collega Il capitale alle Tesi su Feuerbach, è esattamente il «comportamento attivo dell’uomo». Solo questa prassi conduce ai «rapporti sociali vitali e [alle] idee dell’intelletto che ne scaturiscono [entquellen, da Quelle, fonte]». Possiamo perciò riassumere con parole nostre: il metodo dialettico, seguendo il commento che Marx fa di sé stesso, si propone di ricostruire l’emergere del fenomeno e adatta l’indagine al processo di sviluppo medesimo. Tuttavia, il filo conduttore di questa ricostruzione genetica è nient’altro che il comportamento degli esseri umani nelle loro relazioni socionaturali, nella loro prassi.

Resta da vedere se Marx nel suo lavoro teorico si muova effettivamente in questa direzione. Ciò che ora dobbiamo considerare è dunque il Marx operativo e non la sua auto-interpretazione. Si tratterà  perciò di verificare se il procedimento di Marx nel Capitale possa essere spiegato dal punto di vista della prassi. È a quest’altezza che a un certo punto ci accorgeremo che per poter perseguire questa prospettiva dovremo andare con Marx oltre Marx. Per indicare in quale direzione ci muoveremo scelgo alcuni problemi cruciali:
1. Qual è la relazione tra dialettica e pratica nel Marx operativo?
2. Come intendere il determinismo materialistico dal punto di vista della prassi?
3. Come si può concepire la legge del valore, che regge il mondo capitalistico, in relazione all’azione umana?
4. In che relazione entra la natura con l’umanesimo della filosofía della prassi?
Per segnalare la relazione tra dialettica e pratica nel Marx operativo possiamo limitarci a indicare il paragrafo nel quale questa domanda viene formulata12. Si tratta di un testo che per Althusser è ancora hegeliano13 e che per la tendenza post-althusseriana (che non è meno oggettivista di Althusser) è la prova del fatto che Marx segue un método logico. In effetti, questo testo, in cui Marx realizza la sua famosa analisi della forma di valore, può essere considerato la porta d’accesso metodologica alla sua critica dell’economia politica. Qui la dialettica ci conduce a «compiere un’impresa che non è stata neppure tentata dall’economia politica borghese», dice Marx, e cioè «dimostrare la genesi di questa forma di denaro, dunque [...] perseguire lo svolgimento dell’espressione di valore contenuta nel rapporto di valore delle merci, dalla sua figura più semplice e inappariscente, fino all’abbagliante forma di denaro»14.
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Note
1 Si tratta di una parte della lectio magistralis per l’inaugurazione del Coloquio internacional Adolfo Sánchez Vásquez. A 100 Años de su nacimiento, letta presso la Universidad Nacional Autónoma de México, 1-3 settembre 2015.
2 Cfr. ALTHUSSER 1995.
3 HAUG 1971.
4 SÁNCHEZ VÁZQUEZ 1985, p. 71.
5 In questa forma radicalmente rielaborata le Lecciones sono ora apparse dinuovo in spagnolo: HAUG 2016a.
6 LABICA 1987.
7 ALTHUSSER 1981, p. 142.
8 MARX 1974, p. 45 = MEW 23, p. 28.
9 Ivi, pp. 414-415n. = MEW 23, 392-393n.
10 Marx 1972, p. 52 = MEW 3, p. 6.
11 MARX 1974, p. 414n. = MEW 23, p. 392.
12 Ho dedicato il primo volume della mia trilogia su Il capitale a questa questione e la mia risposta prasseologica ha scatenato non poche polemiche. Non sarei corretto se pretendessi di aver già vinto questa battaglia. Parlo dell’analisi della forma di valore nella terza parte del primo capitolo.
13 Cfr. ALTHUSSER 1969.
14 MARX 1974, p. 80 = MEW 23, 62.
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