23/5/15

La filosofia del fantasma in Marx

Ilustración: Ronan de Calan para el libro
El Fantasma de Karl Marx’ (Donatien Mary)
Luca Cangianti   |   L’opera più famosa, diffusa e tradotta di Marx, il Manifesto del partito comunista, si apre con l’apparizione di uno spettro, quello del comunismo “che si aggira per l’Europa”. Tuttavia anche i suoi scritti più teorici sono pieni di vampiri, lupi mannari, creature frankensteiniane e altre suggestioni gotiche. Ciò non deve stupire, visto che il filosofo adorava Shakespeare ed era un lettore accanito di letteratura fantahorror. Meno risaputo è che queste figure, lungi dall’essere un mero dispositivo retorico, svolgono una specifica funzione epistemologica (cfr. Carmilla del 28.6.2014 e del 29.7.2014).

Nel Manifesto Marx illustra il processo di rimozione psicosociale del comunismo e della crisi economica del capitalismo attraverso la metafora del fantasma. In questo caso egli s’inspira a Shakespeare che spesso fa comparire lo spettro quale indizio di un crimine occultato – ad esempio con l’apparizione del fantasma di Banquo nel Macbeth o di quello del re ucciso nell’Amleto. Il riemergere del crimine rimosso è accompagnato inoltre dall’annuncio di una crisi imminente: “penso che tutto questo presagisca una qualche inusitata catastrofe nel nostro stato”, dice Orazio a Marcello nell’Amleto.

Gli ectoplasmi agitano le loro catene anche nel Capitale. Marx afferma che i feticismi e le apparenze fallaci descritte nella VII sezione del III libro sono una mistificazione del modo di produzione capitalistico, un “mondo stregato, deformato e capovolto in cui si aggirano i fantasmi di Monsieur le Capital e Madame la Terre, come caratteri sociali e insieme direttamente come pure e semplici cose” (Editori Riuniti, 1981, 943). Qui la figura del fantasma sta a indicare la fallacia e l’insussistenza della formazione del valore di una merce come mera addizione di redditi indipendenti: salario, profitto e rendita. Secondo Marx, tutte queste false apparenze presenti sul piano della circolazione, non sono semplicemente trucchi di prestidigitazione economica. Esse possiedono una realtà, anche se parziale. Sono menzogne veraci, realtà malate. L’alienazione originata dallo sfruttamento del lavoro salariato nutre il mostro capitalistico il quale, a sua volta, genera gli incantesimi e le stregonerie dell’economia “volgare” neoclassica. La teoria dell’alienazione elaborata nei circoli filosofici dei giovani hegeliani si evolve così in Marx nella teoria del plusvalore. Questo, pur nella sua invisibilità, è materiale, non è un’illusione della nostra mente: il plusvalore crea il capitale, il suo sistema delle macchine e il rapporto sociale che lo sostiene. Il feticismo e le apparenze che da ciò discendono, pur se fallaci, trovano la loro origine e necessità nello stesso meccanismo di creazione e occultamento del plusvalore.

In Spettri di Marx, Jacques Derrida illustra la corporeità del fantasma marxiano così:
“La produzione del fantasma, la costituzione dell’effetto fantasma, non è solo una spiritualizzazione, e neanche l’autonomizzazione dello spirito, dell’idea o del pensiero, quale si produce in maniera eminente nell’idealismo hegeliano. No, una volta effettuata questa autonomizzazione, con l’espropriazione o l’alienazione corrispondenti, e solo allora, il movimento fantomale le sopraggiunge, le aggiunge una dimensione supplementare, un simulacro, un’alienazione o un’espropriazione in più. E cioè un corpo! … Il processo spettrogeno corrisponde quindi a un’incorporazione paradossale. Una volta separati l’idea o il pensiero… dal loro substrato, si produce un fantasma dando loro un corpo. Non già rivenendo al corpo vivente da cui sono strappate le idee o i pensieri, ma incarnando queste ultime in un altro corpo artefattuale, un corpo protetico” (Cortina, 1994, 160).
Un fantasma recorre Europa ✆
Ilustración de Fernando Vicente para
una edición de 'El Manifiesto Comunista'
 
Una conseguenza di quanto detto è che le distruzioni prodotte dal capitalismo non sono frutto di politiche “sbagliate” passibili di correzione. Non si tratta di veder con maggior chiarezza la realtà dei fatti, di dimostrare l’erroneità di una determinata teoria. Il fantasma marxiano è un mostro materiale che non può scomparire se non agendo sulle strutture sociali ed economiche che lo generano. “I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo ma si tratta ditrasformarlo”, scriveva infatti un Marx ventisettenne nell’undicesima Tesi su Feuerbach.

I fantasmi marxiani quindi, pur rifacendosi alla tradizione letteraria, se ne discostano in un aspetto rilevante: non sono immateriali, possiedono un corpo. La dinamica dell’inversione tra soggetto e predicato è applicata da Marx a realtà appartenenti allo stesso piano ontologico. Lo Stato come alienazione della società civile nella Questione ebraica, il denaro come “esistenza celeste delle merci” nei Grundrisse, così come il lavoro salariato e il capitale, appartengono tutti alla stessa sfera del reale. Per Marx, i ruoli tra concreto e astratto si sono invertiti, ma l’astratto è un astratto reale. Questa particolarità obbliga coloro che vogliano contrastare l’alienazione ectoplasmatica a intraprendere strategie innovative.

Un esempio tipico di lotta contro una creatura spettrale è quella che avviene nel film Nightmare – Dal profondo della notte (Usa, 1984). La giovane protagonista Nancy, all’ennesima aggressione da parte di Freddy Krueger, il maniaco dal guanto artigliato che uccide le sue vittime apparendogli in sogno, urla: “Troppo tardi Krueger! Conosco il segreto ormai: è solo un sogno, tu non sei vero! Tutto questo è soltanto un sogno… Mi riprendo indietro ogni briciola d’energia che ti ho dato. Tu non sei niente, sei finito!” Il mostro si lancia sull’adolescente per squartarla, ma di tratto la sua orrida consistenza fisica svanisce e la sua immagine passa attraverso il corpo della ragazza. Nancy scopre così l’importanza dell’autoconvincimento: Krueger non è reale, è solo un incubo. Basta riappropriarci dell’energia alienata e il fantasma si dissolve.

Se Karl Marx avesse potuto incontrare Nancy le avrebbe consigliato di non fare troppo affidamento sulle filosofie di Ludwig Feuerbach e Max Stirner, e soprattutto di non festeggiare precocemente la sconfitta del mostro. Per i due filosofi della sinistra hegeliana, infatti, l’alienazione è sì un’inversione tra soggetto e predicato, ma tra piani ontologici differenti: basta ricordarsi di essere i creatori dei propri fantasmi, affinché essi si dissolvano immediatamente. Secondo Feuerbach l’essere umano non fa altro che alienare tutti gli attributi della sua specie nell’entità divina della quale si rende poi mera appendice: Dio e la religione sono “l’essenza della fantasia o dell’immaginazione, l’essenza del cuore umano” (L’essenza del cristianesimo, in Opere, Laterza, 1965, 336-7). Stirner, nell’Unico e la sua proprietà, ripercorre la storia dell’umanità e afferma:
“I pensieri erano diventati di per sé corporei, erano fantasmi, quali Dio, imperatore, papa, patria, ecc.; col distruggere il loro essere corporeo io li faccio rientrare nel mio e dico: io solo sono concreto. E allora prendo il mondo come ciò che esso è per me, come il mio, la mia proprietà; e riferisco ogni cosa a me” (Adelphi, 1999, 20).
Marx è in disaccordo con Stirner su questo punto e, commentandone il passo appena citato, dice: “Dopo che l’uomo qui identificato con l”Unico’ ha dunque dato, innanzi tutto, concretezza ai pensieri, ossia ne ha fatto dei fantasmi, egli torna a distruggere questa concretezza facendola rientrare nel suo corpo che pone così come corpo dei fantasmi”(L’ideologia tedesca, Editori Riuniti, 1993, 105). Ossia, per Marx, Stirner “non ‘prende’ come cosa sua e non si appropria ‘il mondo’, bensì soltanto le sue ‘fantasie febbrili’ del mondo” (ibidem, 106). Il risultato di tale operazione idealistica e immediata è una “storia di sedicenti idee, una storia di spiriti e di fantasmi, mentre la storia reale, empirica, base di questa storia di fantasmi, viene sfruttata solo per fornire i corpi a questi fantasmi” (ibidem, 110).

Che l’atteggiamento stirneriano sia fallimentare spiega anche l’atroce epilogo di Nightmare. Nella scena finale Nancy esce da casa: è una giornata primaverile, sua madre, che credeva morta assassinata, è viva; gli amici, che aveva visto morire atrocemente, la aspettano in auto per accompagnarla a scuola. Il brutto sogno sembra finito, ma appena Nancy sale sulla cabriolet, la cappotta a strisce rosse e verdi (come la maglietta di Krueger!) si chiude da sola. Le urla dei passeggeri ci ricordano che l’ectoplasma assassino non si scaccia semplicemente voltandogli le spalle. È per questo motivo che Marx ha dovuto abbandonare gli strumenti della critica filosofica, dedita al dissolvimento dei fantasmi immateriali, e dedicarsi alla rivoluzione quale pratica di lotta contro il mostro corporeo del plusvalore.
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