Luca Cangianti
| Chissà quali letture o quali
eventi avranno spinto Marx nel 1858, durante la febbrile scrittura dei Grundrisse, a far
riferimento alla figura del vampiro. In questi famosi quaderni d’appunti il
filosofo afferma che “Nel
capitale viene posta la perennità del valore… caducità che passa – processo –
vita. Ma questa capacità il capitale l’ottiene soltanto succhiando di continuo
l’anima del lavoro vivo, come un vampiro” (Marx, 1986,
XXX, 34). Sono molti gli studi di epistemologia che hanno messo in luce il
ruolo della metafora nella scienza. Essa applicando una struttura nata in un
contesto (il vampirismo ad esempio) a un altro (il capitalismo) non si riduce a
un dispositivo letterario, ma assume funzioni direttamente cognitive. Grazie
alle metafore orientiamo le nostre future ricerche, stabiliamo correlazioni e
azzardiamo previsioni (Sismondo, 1996, 127-144). Che la metafora
capitale/vampiro sia a tutti gli effetti costitutiva della teoria del
plusvalore e dello sfruttamento è testimoniato inoltre dalla dialettica tra il
lavoro vivo, costituito dagli esseri umani lavoratori, e da quello morto,
cristallizzato nei mezzi di produzione, cioè nel capitale: “Il lavoro vivo si presenta come puro mezzo per valorizzare il lavoro
materializzato, morto, per permearlo con un’anima vivificante e perdervi la
propria” (Marx, 1986, XXIX,
397).
Prima di Marx, la dialettica tra vita e morte è affrontata nell’Estetica di Hegel. In questa opera la vita è definita come l’idea, come organico che pone in sé, sopporta e supera la contraddizione. La vita in Hegel è connessa ai concetti di totalità, assoluto, automovimento, unità dialettica di soggettività e oggettività, di finito e infinito. Di contro la natura inorganica è statica, “morta” e “non conforme all’idea” (Hegel, 1976, 138). Se quindi la vita è idea, e di conseguenza, trionfo della ragione dialettica, unificante e infinita, la morte è la negazione di tale infinità e unità. La morte è connessa infatti con la categoria dell’intelletto che genera “vuote, morte forme di pensiero” (Hegel, 1988, 863). Solo la totalità è vita, il membro è vivo in quanto legato all’organismo, la singola parte staccata dal tutto è invece morta.
Ma attenzione. In Hegel il tòpos fantahorror dello scienziato pazzo
creatore di mostri ha il suo omologo nel filosofo che non integra
dialetticamente vita e morte, finito e infinito, ragione e intelletto,
generando così il “cattivo infinito”. Esso è un infinito meramente numerico, è
“l’infinito dell’intelletto”, “il perpetuo dover essere”, “la negazione del
finito che non riesce a liberarsi… da questo” (ibidem, 144). Si produce così un “progresso
all’infinito” che “non è che il ripetersi dello stesso, un solo e medesimo
noioso avvicendamento di questo finito e infinito” (ivi).
Tale circolo vizioso può essere rappresentato come composizione anfibia,
estrinseca, di vita e morte, come logica paradossale delmorto che non vive e che
è perciò condannato a una non
vita immortale.
Se proiettiamo questi ragionamenti sulla figura del vampiro,
possiamo dire che egli neghi il finito della morte senza poter affermare
compiutamente, attraverso la morte stessa, l’infinito della vita. Questo mancato
superamento della contraddizione tra vita e morte lo condanna a succhiare
ciclicamente sangue ai finiti umani, riproducendo la sua condizione in eterno.
In Marx la logica del vampiro
pur essendo animata dalla dialettica hegeliana tra vita e morte, non produce il
cattivo infinito, la mera riproduzione dell’identico. Il vampirismo del lavoro
morto ai danni di quello vivo genera un’onda epidemica che aumenta il numero
delle vittime, condannate a rimaner tali senza trasformarsi esse stesse in
vampiri – a differenza della tradizione folklorica e letteraria. Il capitale
come sistema sociale preso nel suo complesso non si riproduce come un qualcosa
d’identico, ma assume le fattezze della vita, sviluppandosi in cicli
spiraliformi costellati di fasi di crescita, di crisi e di collasso. Se per
Marx il capitale è un vampiro, d’altra parte è anche vita, idea, “sistema
organico”, “totalità” in cui “ogni elemento posto è in pari tempo un
presupposto” (Marx, 1986, XXX, 209). Insomma per Marx il capitale è un organismo
vivo, anche se è costretto a trarre sostentamento da un’entità a lui
contrapposta, il lavoro salariato. Quello conficcato nelle viscere del modo di
produzione capitalistico è un morto vivente. La parte morta del vampiro
marxiano è costituita dal lavoro materializzato, accumulato, ma tale morte è
continuamente negata mediante il processo di estrazione del plusvalore. Morte e
vita nel capitale sono integrati dialetticamente.
Lo scenario
cui ci mette di fronte Marx assomiglia alle coltivazioni di esseri umani
presenti in Matrix. Per dar luogo al processo nutritivo
del capitale, i corpi dei lavoratori vengono intubati, collegati tra loro e con
la “morta oggettività” del lavoro passato incorporato dal sistema delle
macchine. Il lavoratore collettivo è “asservito a una volontà estranea e a
un’intelligenza estranea… risulta avere la sua unità spirituale fuori di sé, così come nella sua unità
materiale è subordinato all’unità materiale delle macchine, del
capitale fisso, che come un mostro
animato oggettiva
il pensiero scientifico e di fatto rappresenta il momento di sintesi” (Marx,
1986, XXIX, 406).
La metafora
del vampiro oltre a essere costitutiva della principale teoria marxiana, è
anche capace di illustrare il meccanismo profondo della riproduzione del
dominio. Nel modo di produzione capitalistico questo si basa sull’invisibilità
dello sfruttamento generato dallo scambio tra forza-lavoro e salario. Tale
transazione oscura l’utilizzo della forza-lavoro oltre il tempo necessario alla
sua riproduzione. Gli strumenti conoscitivi costruiti dai paradigmi dominanti
di molte scienze sociali stentano in tali condizioni a dar conto degli aspetti
più salienti e drammatici della realtà contemporanea, crisi in primis.
Simulando un accento straniero, Bram Stoker in Dracula fa dire al cacciatore di vampiri Van
Helsing: “Voi non permettere a vostri occhi di vedere e a vostre orecchie di
udire, e tutto quanto è fuori di vostra vita quotidiana non riguarda voi. Non
credete che sono cose che voi non potete capire e che tuttavia esistono? E che
alcuni vedono cose che altri non possono?” Il dominio del vampiro è possibile
anche grazie al fatto che nessuno crede alla sua esistenza.
Note bibliografiche
Hegel, Georg Wilhelm Friedrich, 1960, Fenomenologia dello spirito, La
Nuova Italia.
Hegel, Georg Wilhelm
Friedrich, 1988, Scienza della Logica, Laterza.
Hegel, Georg Wilhelm Friedrich, 1976, Estetica, Einaudi.
Marx, Karl,
1986, Lineamenti
fondamentali della critica dell’economia politica (Grundrisse), Opere,
XXIX-XXX, Editori Riuniti.
Sismondo, Sergio, 1996, Science without Mith. On
constructions, Reality, and Social Knowledge.