- Et exultabunt ossa humiliata
Jacques Bidet |
Si potrebbe essere tentati di cominciare da alcuni frammenti veementi
del Capitale1, che denunciano l’incorporazione del lavoratore alla
macchina e il commercio di «carne umana»2. Se vogliamo comprendere fino in
fondo l’invenzione biopolitica di Marx e la rivoluzione teorica che
essa comporta, però, dobbiamo abbordare la questione da lontano, e considerarla
nel suo intero dispiegamento concettuale, economico-politico. Marx si proponeva
di produrre una teoria della società «moderna» (o anche, secondo i suoi
termini, «borghese», o «capitalista»), o quantomeno di fornire un contributo a
una tale ricerca. Considerava la sua opera maggiore, Il Capitale, come uno
degli elementi di una costruzione più larga, che avrebbe dovuto articolarsi in
tutto un insieme di «libri». Questa teoria appartiene al progetto designato con
il nome di «materialismo storico», ovvero, per riprendere il termine
delle Annales, a un progetto di «storia totale», capace di prendere
unitariamente in considerazione la dimensione economica, politica, culturale ed
ecologica. I concetti che essa elabora articolano queste diverse facce della
realtà sociale. Per quanto insufficiente possa esserne la realizzazione (e non
c’è da meravigliarsene, visto ciò che se ne “sapeva” all’epoca), si tratta al contempo
di una «storia globale», nel senso che si è stato recentemente attribuito a
questo termine. Marx aveva di mira diverse prospettive di «lunga durata»,
diverse storicità. E, più specificamente, diverse storicità del corpo,
relative ai diversi modi della sua attualità.
Foto: Jacques Bidet |
Se è vero che il valore delle merci, a condizioni che
dovranno essere precisate, è relativo al «dispendio di forza-lavoro»
(«dispendio produttivo del cervello, dei muscoli, dei nervi, della mano
dell’uomo», precisa Marx in MEW 58), è anche vero che il problema è posto
in termini immediatamente corporei. Ed è proprio questa la scoperta di cui Marx
si vanta sin dall’inizio del primo capitolo (nel § II), quella di un duplice
carattere del lavoro: «concreto» in quanto mira, attraverso una tecnica
particolare, a un valore d’uso altrettanto particolare, e «astratto» nel senso
in cui, qualunque esso sia, implica pur sempre un dispendio di forza lavoro.
«Sono stato il primo» scrive nel Capitale rinviando a Zur Kritik
der politischen Okonomie (1859) «a mettere in rilievo il doppio
carattere del lavoro rappresentato nella merce».
L’interpretazione “grundrissiana”, la lettura cioè
del Capitale a partire dai Grundrisse oggi prevalente tra i
filosofi, tende a fare a meno di questa cosa «fisiologica»3 . La teoria
marxiana della merce sarebbe essenzialmente da comprendere a partire dal
denaro. L’astrazione si rivelerebbe nello scambio di cui è il medium. E questa
astrazione recherebbe in germe quella del capitale4. La nozione di «lavoro
astratto» indicherebbe quindi, fondamentalmente, una relazione alienata, di
perdita di senso, di negazione del valore d’uso. L’astrazione del dispendio di
forza lavoro si trova assimilata (in modo maggiore o minore a seconda
degli autori) all’astrazione del plus-valore, forma di ricchezza astratta. Il
corpo-al-lavoro, nella sua attualità sociale-naturale, scompare dal nucleo
teorico iniziale, per non comparire che al momento in cui Marx giunge a
trattare della manifattura e della grande industria. Il che, come si vedrà,
indebolisce e banalizza l’intero dispositivo teorico5.
Il tenore «biopolitico» che è proprio del concetto di
«valore» non può essere compreso, in realtà, se non si distinguono i tre
livelli di astrazione o di storicità su cui esso si articola. L’analisi
presentata da Marx nel Capitale presuppone un preambolo che definisce
laproduzione in generale, il «lavoro in generale» (L1), al quale il testo non
assegna alcun luogo suo proprio, e che non compare se non frammentariamente e
secondo i bisogni di una certa strategia di scrittura. Marx comincia in effetti
–ed è l’oggetto della Sezione 1 del Libro 1‒
col definire la logica di produzione mercantile, L2, che come tale si
estende su ampi periodi storici, non descrivendo questa logica se non in quanto
in qualche modo governa la produzione capitalistica (L3), che è
l’oggetto del resto dell’opera. Comincerò allora (I) col definire questi tre
livelli nell’ordine logico L1-L2-L3. Su queste basi, considererò poi (II) la
questione biopolitica in sé stessa e al suo livello più «concreto», quello del
capitalismo6, e (III) i limiti incerti dell’analisi di Marx, i confini barbari
che essa lascia inesplorati.
>> Testo integrale | PDF
>> Testo integrale | PDF