Estatua de Karl Marx ubicada en su casa natal (museo), en Tréveris, Alemania |
Taglio Basso &
Marco Gatto | Da Pechino a Parigi, da Brasilia a Mosca. Una
raccolta di saggi sul rinnovato interesse per Marx. «Il Ponte», una delle poche
riviste militanti ancora esistenti nel nostro paese, ha dato alle stampe un
numero speciale dedicato all'attualità di Marx, curato da Roberto Fineschi,
Tommaso Redolfi Riva e Giovanni Sgro'. Karl Marx 2013 - questo il titolo della
raccolta (Il Ponte editore, pp. 288, euro 20) - si segnala come uno strumento
importantissimo per comprendere l'odierna ricezione del pensiero marxiano. Il
volume restituisce una mappa orientativa del marxismo globale, ripartita per
aree geografiche, alcune di queste sconosciute a gran parte del dibattito
italiano: possiamo leggervi, a titolo d'esempio, una sintesi dello stato degli
studi marxiani in Russia (a firma di Alekcandr V. Buzgalin e Andrei I.
Kolganov), una ricognizione interessante delle posizioni in campo nel marxismo
accademico in Cina e del loro rapporto con la politica governativa (redatta da
Hu Daping), un resoconto della riflessione su Marx prodotta in Brasile (secondo
l'ottica di Joao Quartim Moraes). Non mancano le ricostruzioni del marxismo
occidentale, con analisi relative alla situazione del marxismo in Giappone,
Francia, Germania, Inghilterra e Italia, scritte da Sergio Cámara Izquierdo e
Abelardo Mariña Flres, Guglielmo Carchedi, Frank Engster e Jan Hoff, Stéphane
Haber, Reyuji Sasaki e Kohei Saito, oltre che dai tre curatori. Tutti gli
scritti, come nota Fineschi nelle pagine introduttive, dimostrano un interesse
vivo per l'opera di Marx, specie in un momento storico contrassegnato dalla
crisi del capitalismo e dall'inasprirsi delle lotte sociali. Alcuni motivi
della tradizione marxista sembrano aver ritrovato cittadinanza nel dibattito
odierno. All'interesse specificamente culturale per Marx non sembra però, almeno
per il momento, accompagnarsi «un uso più esplicitamente
politico del suo
pensiero». E, in effetti, rileggendo le diverse ricognizioni proposte dal
volume, è facile constatare come i diversi marxismi in campo risentano - come è
giusto che sia - della propria appartenenza nazionale, che ovviamente ha
conformato, secondo limitati aspetti e interessi, il dibattito e la
discussione. Così, pare evidente constatare che almeno nei paesi europei la
riflessione resta in qualche modo bloccata sul doppio crinale, spesso non
convergente, di una considerazione storicistica dell'esperienza
teorica-politica di Marx e di un'analisi logico-categoriale dei concetti messi
in campo dalla sua opera; oppure risulta ferma allo scontro tra un marxismo
dialettico, dunque sensibile a una logica della continuità tra Hegel e Marx, e
un marxismo di stampo postoperaista, legato in qualche modo alle esperienze
filosofiche franco-italiane. Diverso, forse, il caso di paesi come la Cina,
dove il perenne confronto con l'ortodossia ideologica del Partito si accompagna
a una curiosità evidente per le sorti del marxismo occidentale più recente, che
produce di certo curiose sinergie e letture inaspettate (la piega
ontologico-esistenziale di certo marxismo cinese, ad esempio). E tutto ciò si colloca
- nota ancora Fineschi - in un quadro storico che non può tener conto di una
novità rilevante per gli studi marxiani: la pubblicazione della nuova edizione
storico-critica delle opere di Marx ed Engels, la cosiddetta seconda Mega , che
ha, in alcuni casi, ribaltato molte delle acquisizioni consolidatesi in decenni
di interpretazione e commento. Si pensi all' Ideologia tedesca - di cui, nel
nostro poco informato paese, continuano a stamparsi edizioni «unitarie», anche
di recente -, che «si è dimostrata non essere altro che una serie di articoli
raccolti per un progetto di rivista poi mai realizzato e rimasti insieme, non
una «opera». La disomogeneità geografica delle ricezioni di Marx nel mondo
riflette ovviamente la crisi del marxismo come strumento politico. Se ne
restituisce la vitalità nei termini di approfondimento filologico e
scientifico, il volume segnala però quest'inefficienza sul piano della pratica.
C'è da chiedersi dunque se, in tempi di diffusione radicale della testualità e
della cultura in tutti gli ambiti della realtà - con evidente svalutazione
dell'una e dell'altra -, anche Marx e il marxismo siano diventati beni
culturali da far rivivere solo nelle pagine di un'accademia separata dal mondo.
Esiste, forse, una deriva culturalista che rischia di rendere sterile il
portato politico del marxismo, ed essa rappresenta una pericolosa forma
d'integrazione nel sistema culturale del tardo capitalismo. È auspicabile,
anche grazie ai nuovi strumenti bibliografici a nostra disposizione, che
all'aggiornamento della teoria marxista si leghi un'autocoscienza critica della
propria posizione e presenza nel mondo capitalistico: e ciò potr à essere
possibile in un'ottica capace di tenere assieme le diverse realtà del marxismo,
senza che queste si riducano a una sorta di corpo in frammenti incapace di
ricostruire la sua originaria unità.