4/7/16

Classi e lotta di classe dopo la “crisi del marxismo”?

Karl Marx ✆ Zeppo 
Alessandro Mazzone
In nessun Paese europeo quanto in Inghilterra il senso della gerarchia sociale è presente immediatamente nel medium di ogni incontro e comunicazione - la lingua. Non solo diversa ricchezza di sintassi, vocabolario, registri espressivi distinguono i ceti, ma già la pronuncia di ogni parola e frase (pronuncia, le cui differenze “verticali”, appunto di appartenenza a strati superiori o inferiori, sono più importanti di quelle “orizzontali”, di regione). Questo biglietto da visita che si manifesta col solo aprir bocca, immediatamente, è un tratto tipico, che, nel centro primo del capitalismo e del maggiore impero moderno (anche se ora subordinato al cugino-nemico statunitense), si chiama appunto class; e poiché è evidente e onnipresente, non c’è - di solito - alcun bisogno di dirlo.

Ma nello stesso tempo, l’uso della parola class, nell’inglese corrente, ricorda anche che in quel Paese il movimento operaio, pur forte e glorioso in certe fasi, è rimasto quasi sempre subalterno; e che il concetto e sentimento dell’autonomia di classe dei lavoratori, morale prima ancora che politica, è rimasto, colà, marginale. Il senso proprio di “classe”, che appunto non significa appartenenza a un certo gruppo, categoria, ambiente, ma si riferisce ai rapporti di produzione e alla forma capitalistica della riproduzione sociale complessiva [2], non è entrato, là, nel senso comune. [3