Karl Marx ✆ Matson - The N.Y. Observer |
Irene Viparelli |
Che influenza ebbe la rivoluzione europea del 1848 sulla teoria
marxiana? Quale fu il suo contributo specifico? In che misura fu un evento
determinante? La strada maestra per addentrarsi nel cuore di questo problema
sembra essere fornita dal temporaneo abbandono della militanza politica,
compiuto da Marx agli inizi degli anni Cinquanta. Sicuramente il mutamento del
contesto storico, la vittoria della controrivoluzione in tutta Europa, la
repressione, l’esilio londinese furono tutti fattori che ebbero un’importanza
decisiva. Vi fu però anche una motivazione squisitamente teorica, un radicale
mutamento nella prospettiva strategica marxiana1.
«Nel caso di una battaglia contro un nemico comune non c’è bisogno di nessuna unione speciale. Appena si deve combattere direttamente tale nemico, gli interessi dei due partiti coincidono momentaneamente, e, com’è avvenuto sinora così per l’avvenire, questo collegamento, calcolato soltanto per quel momento, si ristabilirà spontaneamente»2.
L’imperativo dell’alleanza di tutte le forze democratiche,
centrale nel Manifesto, sembra ormai,
dopo la rivoluzione, avere ben poco di strategico; il vero compito dei
comunisti rivoluzionari è piuttosto la lotta proprio contro queste alleanze
ibridatrici che, lasciando evaporare le differenze di classe, dissolvono
l’autonomia del proletariato e ne distruggono la coscienza e la forza
rivoluzionaria.