Marco Veronese Passarella | Fin dalla pubblicazione postuma del Terzo
Libro de Il Capitale, il
dibattito “economico” attorno alla grande opera incompiuta di Karl Marx si è
concentrato prevalentemente sul cosiddetto problema della trasformazione (dei
valori-lavoro in prezzi di produzione), nonché sulla legge della caduta
tendenziale del saggio del profitto. In altri termini, è soprattutto sulla
possibile frizione tra Primo Libro e (prima e terza sezione del) Terzo Libro
che si è storicamente focalizzata l’attenzione dei più, dentro e fuori le mura
accademiche. Per contro, ad eccezione dei capitoli finali dedicati agli schemi
di riproduzione,1 il Secondo Libro de Il Capitale è stato a lungo trascurato. Peggior sorte è toccata
alla quinta sezione del Terzo Libro, dedicata al credito, al capitale fittizio
ed al sistema bancario. In effetti, se l’analisi delle due forme – mercantile e
capitalistica – della circolazione è stata solitamente sminuita a sorta di
breve introduzione al problema dell’individuazione dell’origine del plusvalore
(problema affrontato compiutamente da Marx nel Primo Libro), il ruolo della
moneta, del credito e della finanza nell’ambito della teoria marxiana, laddove
contemplato, è stato quasi sempre ridotto a quello di amplificatori del ciclo
economico.2