Lorenzo Mainini |
“Se automobile definisce ciò che
si muove da solo, allora la produzione di auto-mobili salariati, ovvero di
lavoratori che si attivano da soli al servizio dell’organizzazione
capitalistica, è incontestabilmente il maggior successo dell’impresa (…) neoliberista”1.
Attraverso una simile metafora Frédéric Lordon prova a spiegare in che modo
l’introduzione d’una dimensione ‘desiderante’ nel rapporto produttivo
capitale/lavoro tenda a schiacciare, sempre di più, il desiderio del lavoratore
sul desiderio del capitale. Il discorso pubblico incentrato sullo slancio
‘imprenditoriale’, sull’immagine del lavoro come ‘realizzazione di sé’ e del
lavoratore come ‘imprenditore di se stesso’, servirebbe infatti ad attivare il
lavoratore nella realizzazione d’un desiderio che in realtà non è il suo, ma
quello dell’impresa; un desiderio che non è più l’incrocio dei bisogni sociali,
ma a cui, tuttavia, il lavoratore è chiamato ad aderire perché sarà solo
desiderando (ovvero lavorando per) quel desiderio altrui che accederà al denaro
– il salario – in quanto medium per la ‘realizzazione di sé’ – tendenzialmente
attraverso il consumo.