1/7/15

Uber, la rendita e Marx

Lorenzo Mainini    |   “Se automobile definisce ciò che si muove da solo, allora la produzione di auto-mobili salariati, ovvero di lavoratori che si attivano da soli al servizio dell’organizzazione capitalistica, è incontestabilmente il maggior successo dell’impresa (…) neoliberista”1

Attraverso una simile metafora Frédéric Lordon prova a spiegare in che modo l’introduzione d’una dimensione ‘desiderante’ nel rapporto produttivo capitale/lavoro tenda a schiacciare, sempre di più, il desiderio del lavoratore sul desiderio del capitale. Il discorso pubblico incentrato sullo slancio ‘imprenditoriale’, sull’immagine del lavoro come ‘realizzazione di sé’ e del lavoratore come ‘imprenditore di se stesso’, servirebbe infatti ad attivare il lavoratore nella realizzazione d’un desiderio che in realtà non è il suo, ma quello dell’impresa; un desiderio che non è più l’incrocio dei bisogni sociali, ma a cui, tuttavia, il lavoratore è chiamato ad aderire perché sarà solo desiderando (ovvero lavorando per) quel desiderio altrui che accederà al denaro – il salario – in quanto medium per la ‘realizzazione di sé’ – tendenzialmente attraverso il consumo.