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John Maynard Keynes ✆ Graziano Origa
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Karl Marx ✆ Graziano Origa
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Marco Dotti | Nel 1929, Irving Fisher godeva fama di uno dei migliori economisti al
mondo. Monetarista convinto, a suo tempo sostenitore di tesi eugenetiche
declinate in chiave statistica, Fisher sosteneva che il prezzo delle azioni
aveva oramai raggiunto un “elevato livello permanente”. Ma non tutte le
profezie si avverano o si autoavverano, anzi. Accadde così che le parole
dell’ascoltatissimo Fisher venissero smentite dai fatti. Pochi giorni dopo aver
pronunciato la propria predizione, infatti, il
Big Crash del mercato azionario travolse tutto. Eppure, solo
una settimana prima, il 21 ottobre, Fisher aveva rincarato la dose affermando
che il mercato azionario, come un organismo colpito da febbre, stava solo
espellendo da sé ciò che rispetto a quel mercato poteva definirsi – o, almeno,
così Fisher lo definì –
“lunatic fringe”, la frangia estrema. Sta di fatto che, di frangia estrema in frangia estrema, fu
tutto il sistema a crollare e la reputazione di Fisher con essa. Ma Fisher
continuò a insistere, producendo scenari e analisi che, puntualmente, venivano
smentiti dai fatti fino a quando, rivedendo in parte le proprie tesi, tornò a
dedicarsi al ruolo di analista, più che di vaticinatore di sorti magnifiche e
progressive. Per uno strano destino – al di là dei meriti scientifici,
che sono altra cosa – il nome di Fisher tornerà d’attualità politica sulla
bocca di Milton Friedman e delle sue elette schiere che, negli anni 80 dell’imprevedibile
Secolo Breve, si rivolgeranno proprio a lui come nume
tutelare in funzione anti-keynesiana.