Emiliano Brancaccio &
Luigi Cavallaro | 1. La teoria economica dominante è ancora lì, ferma sul suo trono.
La «Grande Contrazione» iniziata nel 2008 l’ha colta di sorpresa, quasi del
tutto impreparata, ma non sembra averle inferto gravi danni. La reputazione dei
modelli ortodossi di funzionamento del capitalismo ne è uscita senza dubbio
appannata, ma le prescrizioni che se ne derivano continuano ugualmente a
rimbombare nell’arena politica. Si tratta ormai di una vera e propria
geremiade, sulla cui capacità di far presa in modo duraturo non ci si deve però
ingannare. Sotto di essa covano profonde contraddizioni, potenzialmente in
grado di minare la solidità delle attuali convenzioni e deviare il corso
storico degli eventi. Approfondirle è senz’altro possibile, ma occorre
innanzitutto un chiarimento sul concetto di teoria dominante, a partire dal suo
nucleo originario: l’analisi neoclassica.
Stando a
una celebre definizione1, una teoria economica può dirsi «neoclassica» (o
«marginalista») se si propone di descrivere il funzionamento del sistema
capitalistico sulla base dei seguenti dati esogeni: la tecnologia di
produzione, le dotazioni delle risorse e le preferenze degli individui. Date le
risorse di cui dispone, ciascun soggetto decide di consumarle oppure di
scambiarle sul mercato in