Stefano Petrucciani
Il confronto di Theodor W. Adorno con il pensiero di Marx è un elemento costante della sua riflessione. Ne parla Stefano Petrucciani nel suo appena uscito "A lezione da Adorno", una raccolta dei suoi studi più significativi come interprete di Adorno. Ringraziamo l'autore e l'editore per averci autorizzato a pubblicare il seguente estratto.
Un punto d’arrivo molto interessante di questo “corpo a corpo” è un testo che Adorno scrive nel 1968; esso viene presentato dal filosofo francofortese prima come relazione introduttiva al XVI congresso della Società tedesca di sociologia che, per ricordare il centocinquantesimo anniversario della nascita di Marx, aveva scelto di mettere a tema la domanda: Tardo capitalismo o società industriale?[1]. Successivamente il testo viene letto nel grande simposio su Marx che si tiene a Parigi dall’8 al 10 maggio 1968 (mentre la rivolta studentesca è in pieno svolgimento) per essere poi pubblicato negli atti del suddetto convegno col titolo È superato Marx?[2]
[…] Nel modo in cui la interpreta Adorno, invece, la contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione è vista principalmente sotto l’angolo visuale della questione della tecnica. Le forze produttive non entrano in contraddizione con i rapporti perché gli sviluppi della tecnica sono determinati dai rapporti capitalistici in cui si inscrivono, e non possono dunque costituire una minaccia per tali rapporti. Già il Marx del Capitale segnalava come lo sviluppo di nuove tecniche di produzione non fosse solo funzionale a una maggiore efficienza, ma ancor più al controllo sul lavoro. E Adorno osserva che “la scoperta di nuovi mezzi di distruzione è diventata il prototipo delle nuove qualità della tecnica, mentre, al contrario, abbiamo visto deteriorarsi quelle tra le sue potenzialità che si allontanano dal dominio, dalla centralizzazione, dalla costrizione contro natura, che permetterebbero ampiamente di recare rimedio a molti dei danni operati, sia in senso proprio che figurato, dalla tecnica”.[3] Non c’è in Adorno né luddismo né critica generica della tecnica. Anzi, ciò che lo contrappone nettamente ad Heidegger è la sua convinzione che non è la tecnica a dominare, ma i rapporti socio-economici all’interno dei quali essa si dà, e che ne condizionano le linee di sviluppo.