Karl Marx y Hegel ✆ David Levine |
Carlo Scognamiglio
Poche settimane fa Editori Riuniti ha ripubblicato la Critica della filosofia hegeliana del
diritto pubblico di Karl Marx, nella storica traduzione di Galvano Della
Volpe, facendo precedere il testo da un ampio saggio introduttivo (quasi una
monografia) di Michele Prospero. Non intendo con questa nota presentare il
testo di Marx, considerato ormai un classico del pensiero moderno, di difficile
lettura ma intriso di importanti anticipazioni filosofiche e precoci
osservazioni sociologiche; la lunga introduzione di Prospero, invece, merita
qualche riflessione e alcuni rilievi.
In termini generali l’impianto del suo discorso ruota
introno alla logica dell’argomentazione marxiana, in risposta al “misticismo
speculativo” di Hegel. Riprendendo un’analogia stabilita in passato da Della
Volpe tra la critica marxiana della logica di Hegel e la posizione aristotelica
in rapporto all’ipostatizzazione delle idee platoniche, Prospero lavora
instancabilmente per rendere definitiva questa sovrapposizione.
Una simile lettura implica, a mio parere, una
semplificazione, se non due. Per un verso, infatti, affinché quel paradigma
risulti comprensibile la dottrina delle idee di Platone dev’essere considerata
come mera speculazione intorno a forme separate dalla realtà, cui si
contrappone l’intuizione aristotelica delle categorie-funzioni, in base alle
quali la forma, invece che porsi in dimensione separata, si costituirebbe
nell’atto attraverso cui il pensiero coglie la regolarità dell’esperienza.
Prospero legittima questa descrizione del pensiero aristotelico con autorevoli
riferimenti bibliografici, e delinea un tratto di continuità tra lo Stagirita,
Kant e Marx, accomunati dalla ricerca di un approccio gnoseologico-scientifico,
che rifugga l’astrattezza del cielo delle forme. Marx dunque, come Aristotele,
considera la sostanza individuale come fondamento della predicazione dotata di
significato.