► “…esige
un’illimitata libertà di movimento…e perciò una possibilità sconfinata di disporre
di forza lavoro addizionale”
Rosa Luxemburgo ✆ Pedro Dorian |
Michele Cento &
Roberta Ferrari | Gli errori che compie un reale movimento operaio
rivoluzionario sono sul piano storico incommensurabilmente più fecondi e più
preziosi dell’infallibilità del miglior comitato centrale», scrive Rosa
Luxemburg in I problemi di organizzazione della
socialdemocrazia. Vale forse la pena iniziare da qui perché, nelle
pagine che seguono, ci occuperemo in fondo della fecondità degli errori, non
del movimento operaio, ma di Rosa Luxemburg. Non è certo una novità che le tesi
espresse dall’Accumulazione del capitale,
volume che Luxemburg pubblica nel 1913, siano basate sull’assunto errato che
l’affermazione mondiale del capitalismo coincida con la sua crisi definitiva.
Quale significato può allora avere rileggerle oggi, nel momento in cui
l’estensione globale del dominio capitalistico è direttamente proporzionale non
solo all’inflessibilità del suo comando, ma anche alla rimozione di ogni
scenario alternativo allo sviluppo capitalistico? Ha certamente ragione Slavoj
Žižek quando sostiene che siamo capacissimi di immaginare la fine del mondo in
seguito a un’invasione marziana, ma la catastrofe del capitalismo rimane per
noi impensabile. La fecondità politica
dell’errore di Luxemburg deve essere misurata allora su questa incapacità, non
per trarre dalla sua oepra la via finalmente rischiarata per la rivoluzione, ma
per acquisire strumenti utili alla comprensione del presente capitalistico,
nel quale crisi e ripresa si giustappongono per consolidare il dominio del
capitale sul lavoro che, nonostante le difficoltà organizzative, tenta sempre
di sottrarsi agli imperativi che gli sono imposti, sia pure in maniera per lo
più estemporanea. È cioè un presente di dominio e di lotta, di processi
consolidati e di insorgenze improvvise, di rischi e di opportunità.