Piero Sraffa ✆ Sergio Tumi |
Giorgio Lunghini | La teoria economica oggi dominante –la teoria neoclassica–
si presenta come una teoria capace di inda- gare qualsiasi aspetto della attività
umana. Essa sembra essere riuscita in un’impresa che sinora la fisica ha
mancato, la proposta di un modello unificato di spiegazione della realtà
considerata di propria competenza. Di certo essa è riuscita a imporre come
elementare e indiscutibile buon senso la sua visione del mondo e le conseguenti
raccomandazioni politiche. Tuttavia non esiste una sola teoria economica: a fianco della teoria dominante
coesistono altre teorie, teorie che si possono definire eterodo- sse e che della
teoria neoclassica mettono in discussione la rilevanza o la stessa coerenza.
Ricordo, ad esempio, che negli anni sessanta del secolo scorso, sulla base del
contributo di Sraffa di cui dirò, si svolse una memorabile controversia sul
concetto di capitale tra la Cambridge inglese (‘neoricardiana’) e la Cambridge
americana (neoclassica); dalla quale questa, per ammissione dei suoi maggiori
esponenti, primo Samuelson, uscì sconfitta e alla quale non poté reagire che
con la rimozione e la censura. D’altra parte è ancora vivace la tradizione
marxista, al punto che in molte importanti università americane vengono
impartiti corsi di teoria economica marxiana; e particolarmente fiorente è la
scuola postkeynesiana, che trova le sue radici nelle opere di Keynes e dello
stesso Sraffa. Chi fosse insoddisfatto della teoria neoclassica, o
semplicemente curioso, potrà guardare in queste direzioni.